L’arte di educare: Per una pedagogia consapevole
Pino Pellegrino, Bollettino Salesiano
L’interrogativo è il cuore dell’intelligenza: fa scattare il cervello e lo tiene sotto pressione. La cosa è certa: una domanda al giorno e la stupidità è tolta di torno. Anche nell’arte di educare l’interrogativo ha un rilievo centrale. Il buon senso non basta, abbiamo bisogno di una pedagogia consapevole.
I bambini di oggi sono più intelligenti di quelli di ieri?
È una voce che circola un po’ ovunque: “I bambini di oggi sono più intelligenti di quelli di qualche tempo fa”. Sarà vero? Il fatto che quella sia la convinzione accettata dall’opinione pubblica non è prova di verità. È meglio ragionarci su.
Ebbene, alla domanda se i bambini di oggi sono più intelligenti di quelli di ieri lo psicologo Jean Piaget dava una risposta sorprendente e decisa: «No, assolutamente no! I bambini di oggi non sono più intelligenti di quelli di cinquant’anni fa. Direi piuttosto il contrario. Hanno acquisito un po’ di idee sbagliate. Il grande principio della pedagogia è che essa non debba mai fondarsi sulla parola o sugli apporti esterni, come la televisione. La vera rivoluzione si ha nel momento in cui il bambino può agire sugli oggetti, può fare delle esperienze che non sono quelle del maestro».
In parole più chiare: il bambino si fa intelligente non quando vede o quando sente, ma quando agisce in prima persona.
Alla stessa conclusione sono arrivati anche ultimamente gli psicologi giapponesi i quali hanno notato che i bambini di Tokyo che abitano negli ultimi piani dei grattacieli sono più maldestri e impacciati dei piccoli che abitano ai primi piani. Per quale ragione?
Perché questi ultimi hanno più possibilità di sperimentare: scendere in cortile a giocare, correre, incontrare gli amici, andare in bicicletta. In una parola hanno più possibilità di vivere in diretta!
Dunque, che dire? I bambini del duemila sono più intelligenti dei piccoli del secolo scorso?
A questo punto possiamo rispondere con più cognizione di causa.
I bambini di oggi hanno indubbiamente più abilità operative (sanno usare la calcolatrice, sanno impostare il navigatore satellitare, sanno smanettare sul cellulare), ma non è detto che siano più intelligenti di quelli di ieri.
Mancano di due condizioni per la fioritura dell’intelligenza:
- Manca l’ambiente adatto. La società frenetica in cui vivono è la meno adatta all’attenzione, all’osservazione calma e profonda, indispensabile per l’intelligenza (intelligenza è parola che deriva dal latino intus-legere: andare nel profondo, vedere dentro).
- Manca la seconda condizione base per la fioritura dell’intelligenza: quella della vita vissuta in prima persona. Lo conferma la nostra psicologa Anna Oliverio Ferraris con questa seria osservazione: «In nessun’epoca il bambino è mai stato tanto tempo inattivo come oggi». D’accordo! Mai come oggi i bambini hanno visto vivere e mai così poco vivono in diretta. Bambini inscatolati, bambini messi in cassa integrazione fin dai primi anni di vita, non potranno che avere un’intelligenza spenta perché inutilizzata.
Che ne dite?
Per non fare la fine della rana bollita
La rana galleggia beata nella bacinella piena d’acqua. È così soddisfatta che non si accorge che il fornellino acceso di sotto riscalda a poco a poco l’acqua fino a portarla all’ebollizione.
A questo punto la rana si sveglia dal suo pacifico torpore e cerca di uscire dalla bacinella.
Prova a spiccare il salto, ma vi ricade. L’acqua così calda le ha tolto tutte le forze.
Riprova il salto. Ancora una volta ricade nell’acqua.
Ormai non le resta che rassegnarsi a morire bollita!
La storia della rana può essere la nostra storia.
Di anno in anno stiamo erodendo la nostra umanità. Quando prenderemo coscienza del nostro danno mortale, forse sarà troppo tardi. Insomma, per farla breve, non c’è alternativa: o ‘bolliti‘ o ‘pensanti‘! I lettori del nostro bollettino sanno bene da che parte collocarsi.
Per questo leggeranno i vari interventi mensili volti a rendere sempre più consapevole, vale a dire sempre più intelligente e viva, la loro arte di educare.
A LORO LA PAROLA
- “In te mamma, ho una sola cosa da dirti: che gridi troppo”. (Monica, sei anni)
- “Appena c’è il telegiornale papà si mette a gridare: ‘Ladroni, codardi, banditi’”. (Walter, sette anni)
- “Quando ti recito la lezione, mamma, i tuoi occhi sono sfavillanti, le tue guance si arrossano e si vedono i tuoi denti bianchi!”. (Lorenzo, nove anni)
- “La prima cosa che mia mamma fa quando torno a casa da giocare è toccarmi il collo di dietro: controlla la sudata”. (Alessandro, dieci anni)
- “La mia mamma è stata brava a sposare papà!”. (Martina, dieci anni).
- “Quando in famiglia c’è un litigio tu mamma cerchi sempre di cambiare discorso per non farci bisticciare”. (Federico, nove anni)