L’ARTE DI EDUCARE: 5. Parlare

Pino Pellegrino (Bellettino Salesiano)

Dopo 1.Seminare 2.Tifare 3.Aspettare 4.Amare siamo alla quinta mossa fondamentale nell’arte dell’educazione: la mossa del parlare.

È vero che l’esempio è tuono, mentre la parola è suono, però senza il suono della parola, neppure l’esempio avrebbe la potenza del tuono, perché non sarebbe capito!

LA PAROLA È FONDAMENTALE PER TRE MOTIVI

PRIMO: perché è grazie ad essa che aiutiamo il bambino a costruirsi la prima immagine di sé.

Se diciamo al piccolo: ‘Sei meraviglioso!’, il bambino penserà d’essere tale.

Se gli diciamo: ‘Non sei capace a far niente!’, il bambino si convincerà d’essere un buono a nulla.

Una volta il professor Leo Buscaglia volle fare un esperimento con i suoi studenti universitari d’America.

Li invitò a buttare drasticamente nel cestino della cartastraccia tutte le parole tristi, negative, invalidanti, per sostituirle esclusivamente con parole positive, dolci, serene, rassicuranti.

Accaddero cose fantastiche: l’atmosfera dell’ambiente cambiò in modo radicale. Persino studiare divenne simpatico!

SECONDO: la parola è fondamentale perché sono le parole che trasmettono pensieri, sentimenti, valori.

Vi è un abisso tra un ragazzo che sente sempre e solo ‘mangiare’, ‘bere’, ‘vestire’ e quello che sente anche ‘dovere’, ‘rinuncia’, ‘amore’, ‘giustizia’, ‘Dio’.

Il primo penserà che nella vita basti diventare ‘grosso’ il secondo si sentirà stimolato a diventare anche ‘grande’.

Il famoso scrittore bulgaro Elias Canetti, premio Nobel (1981) ammetteva d’essere stato ‘costruito’ dalle parole della madre, donna colta ed orgogliosa. Rimasto orfano di padre in tenera età, ricorda le serate che passava con la mamma a leggere e a parlare e conclude: “Io sono fatto di quei discorsi”.

TERZO: finalmente, le parole sono fondamentali nell’arte di educare perché possono convincere.

Le armi vincono, le parole convincono!

Ebbene, qui tocchiamo il cuore stesso dell’educazione.

Educare non è comandare, non è castigare (anche se i comandi ed i castighi ci vogliono, eccome!) educare è far succedere fatti interiori: è persuadere, è convincere.

Datemi un ragazzo che sia davvero convinto che drogarsi è suicidarsi, un ragazzo convinto che dove entra il bere, esce il sapere…, e mi date un ragazzo che saprà tenere il suo giusto posto anche in discoteca e al pub.

Sì, a conti fatti, l’educazione è parola condivisa.

I CINQUE COMANDAMENTI DELLE PAROLE DETTE BENE

  1. Prima di parlare controlla che il cervello sia inserito.
  2. Quando parli pensa all’insalata: l’insalata è buona se ha più olio che aceto.
  3. Non dire sempre tutto quello che pensi, ma pensa sempre a quello che dici.
  4. Ricorda che la scienza sta ancora cercando una medicina più efficace delle parole buone.
  5. Se predichi acqua, non bere vino!

PAROLE DA DIRE MAI!

  • “Guarda come è bravo tuo fratello! Lui mangia gli spinaci e tu no!”.
  • “Ci togliamo il pane di bocca per te, e tu ci ripaghi in questo modo!”.
  • “Se fai così, ci fai morire!”.
  • “Ai miei tempi…!”.
  • “Ah, come si sta bene senza figli!”.
  • “Ma che figlio abbiamo!”.
  • “Sei un disastro!”.
  • “Tanto sei sempre lo stesso!”.
  • “Se lo fai ancora, non ti voglio più bene…”.

Queste sono frasi da mai dire: urtano, spaventano, fanno sentire il figlio colpevole d’esser nato, lo possono far cadere in depressione, gli possono provocare sentimenti di odio contro i genitori.

Queste sono frasi che possono uccidere più che le camere a gas!

Mai come in questo caso è indovinato il proverbio africano: “Quando inciampa la lingua, è peggio che il piede”.

PAROLE DI QUALITÀ

  • “È bello avere un figlio come te!”.
  • “Tu sei speciale per me!”.
  • “Sono felice di averti!”.
  • “La tua faccia è il più bel panorama del mondo”.
  • “Tutto si può sostituire, eccetto te”.
  • “Sei tu che dai senso alla mia vita”.
  • “Anche se fossi il più brutto anatroccolo, ti amerei sempre con tutto il cuore che ho a disposizione”.
  • “Sono sempre abbracciabile per te”.

Queste sono parole che mettono le ali al figlio, lo convincono d’avere mille possibilità, parole che gli danno la grinta per salire sul podio!

LE TRE PORTE

Un giorno il discepolo domandò al maestro: ‘Maestro, quando si può parlare?’.

Il maestro rispose: ‘Prima d’essere pronunciata, ogni parola deve passare attraverso tre porte’.

‘È vera?’, chiede il portinaio della prima porta.

‘È necessaria?’, domanda il guardiano della seconda.

‘È gentile?’, indaga il guardiano della terza.

‘Verità, opportunità, gentilezza sono i requisiti della parola buona’, concluse il maestro.