Saluto del Direttore, don Giuliano Palizzi
Dai gravi fatti di cronaca che vedono adolescenti come vittime, deve arrivare agli adulti il monito di Papa Francesco: “Siamo chiamati a un sussulto di responsabilità”
Cari genitori,
tra pochi giorni inizieremo il nuovo anno scolastico, mentre i mezzi di comunicazione continuano, in ogni telegiornale, a mettere al centro gli stupri adolescenziali effettuati recentemente o venuti alla luce in questi ultimi giorni d’estate. Stiamo sentendo di tutto dai tanti adulti scandalizzati che se la prendono con i genitori, che si indignano per l’assenza dello Stato, il fallimento della scuola e della chiesa con i suoi oratori e che quindi propongono la castrazione, l’abbassamento della maggiore età a 16 anni, di tutto di più. Io preferisco seguire Papa Francesco che, parlando della pace, si è espresso così:
“Siamo chiamati a un sussulto di responsabilità” e viene proprio a proposito.
Tutti siamo chiamati, nessuno escluso. Ognuno nel suo ruolo. Voi genitori, perché siete i primi responsabili della crescita dei vostri figli, in sintonia con la scuola e con quanti amano e sposano la responsabilità educativa. Insieme. Un villaggio educativo dove vogliamo avere l’audacia di offrire ai nostri ragazzi il meglio, la felicità, non quella facile da consumare in uno sballo da filmare per metterlo sui social, ma la felicità di una vita piena di vita come unica via per la felicità. Vogliamo giocarci la responsabilità seguendo don Bosco che nella «Lettera da Roma» del 1884 scriveva: «Miei carissimi figlioli in Gesù Cristo, vicino o lontano io penso sempre a voi. Uno solo è il mio desiderio, quello di vedervi felici nel tempo e nell’eternità». Una felicità che profuma di eternità.
Un «sussulto di responsabilità» esige che tutti ci mettiamo in discussione, in ascolto, in ricerca per imparare ad essere educatori, per imparare ad ascoltare i nostri ragazzi e costruire una relazione centrata su un amore dato e riconosciuto. E per fare questo mi sa che dobbiamo tornare a scuola. Abbiamo bisogno di «formazione permanente».
“Studia di farti amare!”, dice ancora don Bosco.
Penso che a cominciare dai genitori e passando agli insegnanti, agli educatori, agli adulti in genere, tutti professano di agire per amore quando hanno a che fare con i figli, gli allievi, i ragazzi e gli adolescenti in genere. Peccato che questo amore proclamato non sempre arrivi ai ragazzi e non sempre venga da loro riconosciuto come amore. Allora acquista grande importanza ciò che don Bosco diceva ad un suo collaboratore: «Studia di farti amare!». Amare non è quindi un sentimento, una emozione, un ormone impazzito. Per don Bosco amare è una professione. E la professione esige lo studio.
«L’arte di amare» s’intitola un libro di Erich Fromm. Amare è un’arte, l’arte si impara e l’arte si impara imparando continuamente fino a diventare la propria pelle. Mi è sempre piaciuto il racconto che si legge nelle biografie di don Bosco. Un giorno il santo esce dalla chiesa dove ha celebrato la messa e trova davanti al portone alcuni ragazzi che bisticciavano fra di loro. Don Bosco interviene chiedendo il motivo del bisticcio. E scopre che i ragazzi si azzuffavano perché ognuno sosteneva di essere il più amato da don Bosco e nessuno voleva condividere questo, che riteneva un privilegio, con i propri compagni. Ecco l’arte di amare. Ecco l’amore frutto di uno studio che ti lavora dentro fino a trasmettere questo messaggio d’amore ad ognuno dei ragazzi, perché ognuno riceva quella porzione giusta e personalizzata di amore che lo fa sentire un privilegiato, il numero uno nel cuore dell’educatore. Quando la formazione diventa l’occasione per imparare a farsi amare siamo veramente dei «salesiani», degli allievi di don Bosco, dei suoi collaboratori, dei costruttori di una nuova società.
Don Ángel Fernandez Artime, Rettor Maggiore dei salesiani, che Papa Francesco ha inserito nel collegio cardinalizio, scrive: «Sono i giovani, le giovani, specialmente quelli che sono più poveri e bisognosi, che ci salveranno, aiutandoci a uscire dalla nostra routine, dalle nostre inerzie e dalle nostre paure, a volte più preoccupati di conservare le nostre sicurezze che tenere il cuore, l’udito e la mente aperti a ciò che lo Spirito ci può chiedere». Ecco allora che la formazione diventa l’occasione per studiare e imparare non solo ad amare ma soprattutto a farsi amare.
Zygmunt Bauman diceva: «Normalmente si misura la tenuta di un ponte a partire dalla solidità del suo pilastro più piccolo. La qualità umana di una società dovrebbe essere misurata a partire dalla qualità della vita dei più deboli».
Che vogliamo fare, cari genitori? Don Bosco ci riempia della sua passione educativa espressa così ai suoi ragazzi: «Io per voi studio, per voi lavoro, per voi vivo, per voi sono disposto anche a dare la vita».
Sarà un anno impegnativo, ma il risultato sarà grandioso perché l’obiettivo è audace: aiutare i nostri ragazzi a crescere «buoni cristiani e onesti cittadini» in una società dove le donne non debbano più gridare #nonsiamocarne.
Buon anno sotto la protezione della Madonna Ausiliatrice.
Don Giuliano