Serena Borgna (docente del Classico) oggi al Festival della Dignità Umana e mercoledì relatrice all’apertura dell’anno accademico dell’Università Sapienza di Roma.

“Non solo medicina, ma umanità: l’eredità di un maestro”. Inaugurato l’anno accademico 2025/2026 della Facoltà di Medicina e Psicologia con una conferenza ed una mostra dedicate a Franco Basaglia ed Eugenio Borgna, maestri dell’ascolto e della cura. Tra i relatori, la professoressa Serena Borgna, che oggi introdurrà l’incontro del Festival della Dignità Umana a Borgomanero, quest’anno dedicato allo zio Eugenio Borgna.

Mercoledì 01 ottobre, in occasione della cerimonia di apertura dell’anno accademico della Facoltà di Medicina e Psicologia, l’Università Sapienza di Roma ha ospitato un incontro di profonda risonanza etica e culturale, coordinato dal Professor Vittorio Lingiardi, psichiatra e ordinario di Psicologia dinamica, in cui, alla presenza anche di Alberta Basaglia, con emozione la professoressa Serena Borgna ha ricordato lo zio, a quasi un anno dalla scomparsa, restituendone il lascito umano e culturale.

L’evento, che coincideva anche con l’inaugurazione della mostra dedicata al professor Basaglia e al professor Borgna, è stato reso ancora più simbolico dalla presenza di Marco Cavallo, celebre scultura in legno e in cartapesta, che negli anni Settanta divenne icona della liberazione dei malati psichiatrici. 

L’intervento della professoressa Serena non è stata una lectio magistralis, ma un manifesto per una “psichiatria gentile”, capace di coniugare rigore scientifico e intelligenza del cuore. Al centro del suo discorso alcune parole chiave del pensiero dello zio che potessero essere per gli studenti,  proprio all’inizio dell’anno accademico, degli orizzonti da approfondire, da indagare: GENTILEZZA, ASCOLTO, EMPATIA e COMPASSIONE,  FRAGILITA’ e SPERANZA.

La gentilezza non era per lui un ornamento, ma una forza interiore, “una luce discreta” che si traduceva in cura e in resistenza all’indifferenza. Altro cardine della sua eredità è l’ascolto: «Ascoltare è già curare», ricordava la Professoressa. Un ascolto attivo, capace di dare dignità al paziente, più efficace di una diagnosi frettolosa. Insieme a questo, l’empatia e la compassione, intese nella loro radice etimologica: sentire dentro, soffrire insieme. Non pietismo, ma condivisione. La Professoressa ha poi evocato la lezione dello zio sulla fragilità come risorsa e non come colpa, ponte che avvicina medico e paziente nella comune condizione umana. E infine la speranza, non illusione, ma possibilità di cogliere anche uno spiraglio di luce, di futuro, anche dentro la sofferenza. «Non sempre possiamo cambiare le cose – scriveva lo zio – ma sempre possiamo cambiare lo sguardo con cui le viviamo». 

Ai giovani presenti nell’Aula Magna, la Professoressa Borgna ha affidato un compito di resistenza: non lasciarsi travolgere da logiche efficientistiche che sacrificano la relazione umana. La cura autentica richiede tempo, presenza, disponibilità ad abitare le zone d’ombra dell’altro. Ha infine ricordato che la psicologia e la medicina non possono essere ridotte a scienze esatte. Esse sono arti della cura perché devono intrecciare rigore e sensibilità, razionalità e immaginazione. Per questo motivo lo zio ha sempre sostenuto l’importanza della letteratura, della poesia e della filosofia anche nella formazione scientifica. “Non abbiate paura di leggere i poeti, di cercare nella musica, nell’arte e nella filosofia la chiave per comprendere la sofferenza umana. La scienza vi fornirà strumenti diagnostici e terapeutici essenziali, ma l’arte vi insegnerà a capire il senso della vita e del dolore”. 

Nelle prime tre foto, la Conferenza alla Marazza, nelle altre a La Sapienza.