Biennale di Venezia e la fine dell’antropocentrismo

A tre anni dall’ultima mostra e dopo due anni di pandemia ritorna, per la cinquantanovesima edizione, la Biennale di Venezia.

Ogni volta che incontro articoli sulla Biennale sorrido, ricordando il terzo episodio del film “Dove vai in vacanza”: in “Le vacanze intelligenti”, Alberto Sordi veste panni di un simpatico fruttarolo che si trova di fronte alle opere a lui incomprensibili della B’78, spinto dai figli acculturati. E’ vero, l’arte del Novecento non sempre parla da sola, ha bisogno di essere spiegata e compresa, richiede una profonda conoscenza di ciò che c’è stato prima e soprattutto le si deve dare una possibilità: ognuno di noi deve tentare semplicemente di contemplare (forse prima ancora di capire) lasciandosi rapire da colori e forme.

La Biennale di quest’anno è un evento speciale con titolo “Il latte dei sogni” ed accoglie 213 artisti (il 90% donne) provenienti da 58 nazioni differenti. Il titolo è tratto da un libro di favole che descrive un mondo magico nel quale la vita viene costantemente reinventata attraverso l’immaginazione.

L’opera che vale la pena di citare è l’elefante iperrealistico di Katharina Fritsch (Leone d’oro alla carriera), omaggio a Toni, vissuto nel parco alla fine dell’Ottocento. la scultura, realizzata in poliestere verde scuro dal calco del pachiderma impagliato, riproduce il corpo dell’animale. Elefant / Elephant simboleggia la fine dell’antropocentrismo e pone l’essere vivente al centro dell’universo. L’uomo non è più al centro del mondo. Si passa dall’Egocentrismo all’Ecocentrismo: la supremazia dell’artificiale e dell’animale.

Interessante… talvolta tuttavia mi sento un po’ come Alberto Sordi.