Wikipedia, 15 anni di enciclopedia online
Da LA STAMPA Tecnologia
Qualcuno si ostina a definirla “new media”, ma ha 15 anni compiuti e l’approccio al sapere è cambiato (anche l’Enciclopedia britannica abbandonerà il cartaceo); è contestata per scarsa attendibilità degli argomenti, ma non è statisticamente vero e una estesa community di uomini e donne oggi affiancati da un programma di intelligenza artificiale verificano fonti e falsità; è criticata per la superficialità con cui vengono trattati i contenuti, ma non è lo spazio in cui approfondire; è il sito dal quale un’infinità di studenti copiano allegramente le loro ricerche, ma smascherarli è facile ed è un sito sicuro, privo di pubblicità dove indirizzare e guidare i ragazzi ad un primo approccio all’organizzazione del sapere (Ndr)
Nata il 15 gennaio del 2001, oggi è uno dei siti più consultati e frequentati. Il fondatore Jimmy Wales a La Stampa: “Senza di noi milioni di persone non avrebbero accesso all’informazione. È soprattutto per loro che ci impegniamo”
«Negli ultimi anni ho girato il mondo per capire quanto fosse importante il nostro ruolo. Sono stato in scuole dove non esisteva nemmeno la biblioteca. Wikipedia è per molti bambini l’unico aiuto che possono permettersi per fare i compiti. Senza questo sito milioni di persone non avrebbero accesso all’informazione. È soprattutto per loro che ci impegniamo». Le parole di Jimmy Wales, il fondatore di Wikipedia, descrivono bene lo spirito del sito, che proprio oggi compie 15 anni. Alla soglia dei 50 anni, di Huntsville, Alabama, Wales si definisce un «ottimista patologico», tale da trasformare in realtà quella che sembrava un’utopia: rendere accessibile la conoscenza a tutti, in ogni parte del mondo e senza dover spendere un soldo. «Lanceremo anche un sito che ripercorrerà la nostra storia, a partire dal 15 gennaio 2001. Sarà un modo per ricordare come abbiamo cercato di abbattere i muri dell’ignoranza e a creare una grande comunità di difensori del sapere», racconta.
C’è qualcosa in questi 15 anni di vita di Wikipedia che è riuscito a sorprenderla?
«Quando abbiamo lanciato il sito sapevo che per centrare il mio obiettivo, Wikipedia non poteva essere disponibile solamente in inglese, perché larga parte della popolazione del mondo non conosce questa lingua. Per diventare globali dovevamo essere poliglotti».
Sembra che ce l’abbiate fatta, che ne dice?
«Sì, ed è stato soltanto grazie alla forza della nostra community di utenti che scrivono e aggiornano le voci dell’enciclopedia. Siamo riusciti ad aggirare l’ostacolo più facilmente di quanto credessi. Oggi il sito è tradotto in 280 lingue diverse e ha 36 milioni di articoli, l’85 per cento dei quali non sono in inglese. Rispetto a tutti gli altri, andiamo controcorrente».
Lo stesso vale per l’idea di non ospitare pubblicità sul sito. Wikipedia resterà sempre così?
«È quello che vogliamo. Andremo avanti a chiedere donazioni ai nostri utenti per mantenere in vita il sito. All’inizio non sapevamo come sarebbe andata, ma ora possiamo dire che questo sistema ha avuto successo. Non c’è ragione per cambiare le cose. Siamo diversi da Facebook, Amazon o Google, anche se, beninteso, io non ho niente contro chi guadagna grazie alla pubblicità».
Ma come è nato davvero il sito?
«Ero affascinato dal principio dell’open source. In informatica chi mette a punto un software può renderlo accessibile a tutti, gratuitamente, perché ognuno lo possa modificare. Volevo applicare la stessa logica agli altri ambiti della conoscenza».
Commenti di familiari o amici?
«Oh non dicevano nulla. Non sapevano nemmeno a che cosa stessi lavorando. Eravamo un gruppo di geek».
E adesso, invece, a che cosa lavora?
«Le tecnologie si evolvono in fretta. Per essere competitivi dovremo potenziare la versione mobile del sito. D’altra parte, oggi la maggior parte dei nuovi utenti della Rete accede a Internet dallo smartphone. Abbiamo una app che funziona molto bene, ma non possiamo permetterci di trascurare lo sviluppo del mobile».
È l’unica sfida da vincere?
«Niente affatto. Continuiamo a dover tradurre Wikipedia in quante più lingue possibili. Nella versione in inglese, speriamo di accrescere ancora i membri della community e spingerli ad alzare il livello delle fonti da cui arrivano i contenuti. Su mille editor, di solito 999 sono affidabili e uno no. Ma si può ancora migliorare».
La gente continua a essere scettica, secondo lei, su ciò che c’è scritto nei vostri articoli?
«All’inizio sì. Ora le cose sono cambiate. Diciamo che noi forniamo informazioni di base che aiutano, chi vuole, ad approfondire. Di sicuro non si può scrivere un articolo scientifico partendo da Wikipedia».
È vero che anche lei scrive le voci?
«Sì, a volte lo faccio. Sono uno degli 80mila editor che ogni mese aggiorna il sito. Ma oggi il mio ruolo all’interno di Wikimedia, la fondazione per la libertà del sapere di cui Wikipedia fa parte, è soprattutto quello di aggiornare le policy e andare in giro per il mondo a raccontare quel che facciamo».