Vale la pena sacrificarsi per un figlio?
Fonte: MGS Triveneto, Ida Giangrande, 17 gennaio 2019
“Ho smesso di allattare. Non ci si annulla per un figlio”. Lo ha detto Chiara Ferragni in una sua recente intervista. Ma “annullarsi” è il termine giusto?…
“Non ci si annulla per un figlio”, sono le parole con cui Chiara Ferragni, in un’intervista a Vanity Fair, ha spiegato il motivo per cui avrebbe smesso di allattare suo figlio, il piccolo Leone. “Dovevo tornare a lavoro …”. Chiara Ferragni è una web influencer, è tra coloro che hanno saputo fare della propria vita una vetrina attraverso i social e che per questo rappresentano spesso un modello di comportamento da seguire o inseguire soprattutto per le teenagers. Beninteso non ho nulla contro le web influencer, mi domando solo cosa penseranno tutte le fans della Ferragni di queste sue parole: “Non ci si annulla per un figlio”? La considereranno una frase infelice della loro beniamina o la percepiranno come la sintesi della maternità 2.0?
La dichiarazione mi dà un certo fastidio, lo confesso. È un fastidio profondo lì alla bocca dello stomaco. Una reazione involontaria che chiama in causa i sensi prima del raziocinio. Mi sento interpellata da donna, da madre e da figlia allo stesso tempo. Un po’ di anni fa si smetteva di allattare solo in casi estremi, le ragazzine storcendo il naso oggi direbbero: “Erano altri tempi” e mai come in questo caso sono d’accordo con loro. Erano altri tempi quelli in cui l’allattamento non voleva dire annullarsi. Ma nel tentativo di inseguire la chimera della modernità, oggi, abbiamo confuso il termine annullamento con sacrificio ed è proprio perché abbiamo smarrito il senso del sacrificarsi per amore, che tutto sembra stia andando a rotoli.
Proviamo, dunque, a chiarirci un po’ le idee a partire dalla storia e dal significato delle parole, compagnie di viaggio nella storia dei secoli. Il termine annullare deriva dal latino ad-nullare, e sta per “rendere nullo, nullificare, annientare”. Mi viene istintivamente difficile collegare questo termine all’allattamento o alle eventuali ragioni per cui una madre smette di farlo. Rifletto invece sul significato originario del termine sacrificio e mi si apre un mondo meraviglioso, ahimè, purtroppo quasi del tutto scomparso.
Sacrificio deriva dal latino sacrificare, composto da sacrum (azione sacra) e -ficium per facere (fare). Sebbene siamo spesso portati ad accostare questo termine all’immagine dei sacrifici umani, delle privazioni, delle mortificazioni e… dell’annullamento di sé, nella sua accezione originaria il termine, come si può intendere dall’etimologia stessa, vuol dire tutt’altro. Sacrificare vuol dire “fare un’azione sacra”, “compiere il sacro”. Sacro è il punto di intersezione tra l’uomo e Dio. Sacro è ciò che dà senso al cammino terreno dell’uomo, che magnifica la storia e la sublima, la orienta verso l’eternità. In questo senso una madre che per allattare suo figlio, rinuncia anche al lavoro, forse non si sta annullando, si sta letteralmente sacrificando. Sta dando compimento a qualcosa di sacro: la maternità.
Mi sembra quasi di intendere che il sacrificio, nella sua accezione originaria, sia il proprium dell’amore stesso, che è donazione completa e, soprattutto, incondizionata di sé. Quale figura al mondo può rappresentare tutto questo se non la madre, colei che dona e si dona per eccellenza e senza riserve?
Nelle parole della Ferragni, espressione della cultura moderna, mi sembra di avvertire il tentativo smodato di una generazione che se da un lato intende l’amore come una forza misteriosa e totalizzante in nome della quale giustificare tutto, dall’altro si guarda bene dal donarsi completamente, in maniera gratuita.
“Amare è donare tutto, donare tutto se stesso”, a dirlo è Santa Teresa di Gesù Bambino. La Santa della Piccola via. Colei che ci insegna a ritrovare Dio nelle piccole cose della vita di ogni giorno, come la vita domestica, il lavoro, la maternità, l’allattamento e… il sacrificio.