Una mamma e un papà

(PINO PELLEGRINO, B.S.)

La famiglia, oggi, è minacciata e deve affrontare sfide ardue e spesso drammatiche. Molte persone sono disorientate davanti a teorie e fatti che scombussolano quello che era considerato “normale”. Come la possibilità che le coppie omosessuali possano avere figli.

Lo scrive anche papa Francesco: «Nessuno può pensare che indebolire la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio sia qualcosa che giova alla società. Accade il contrario: pregiudica la maturazione delle persone, la cura dei valori comunitari e lo sviluppo etico delle città e dei villaggi.

Non si avverte più con chiarezza che solo l’unione esclusiva e indissolubile tra un uomo e una donna svolge una funzione sociale piena, essendo un impegno stabile e rendendo possibile la fecondità. Dobbiamo riconoscere la grande varietà di situazioni familiari che possono offrire una certa regola di vita, ma le unioni di fatto o tra persone dello stesso sesso, per esempio, non si possono equiparare semplicisticamente al matrimonio. Nessuna unione precaria o chiusa alla trasmissione della vita ci assicura il futuro della società. Ma chi si occupa oggi di sostenere i coniugi, di aiutarli a superare i rischi che li minacciano, di accompagnarli nel loro ruolo educativo, di stimolare la stabilità dell’unione coniugale?»

Una formazione equilibrata e armoniosa

Il problema è attualissimo. Sarebbe da irresponsabili non affrontarlo in modo limpido e sereno.

Dunque, ragioniamo. Chiamiamo, cioè, in causa la ragione, non la fede, non la religione.

Ebbene, particolarmente in questo caso, proprio la ragione parla chiaro: un’educazione senza l’intreccio della componente femminile e la componente maschile è un’educazione bilanciata, lesiva del diritto del bambino ad una formazione equilibrata ed armoniosa.

Insomma, per brava che sia, la madre non basta (e neppure il padre!).

Ognuno apporta il suo contributo che arricchisce la formazione del bambino. 
Vediamo nei dettagli.

  • Il padre è meno ansioso della mamma, meno apprensivo, meno protettivo.
  • Il padre gioca in modo maschile, la madre in modo femminile. In genere, la mamma parlotta con il bambino, stando seduta; batte le posate per farle tintinnare, oppure gioca a nascondino. Il padre, invece, prende il piccolo tra le braccia, se lo porta fino agli occhi, lo guarda scherzando, poi lo lancia in aria, per farlo subito ricadere tra le braccia o sulle spalle e correre sul viale con il piccolo tutto felice, in bella vista!
  • Il padre è meno sensibile alle patacche.
  • Il padre, in genere, si preoccupa meno della salute del figlio. All’opposto vi sono madri che al primo starnuto, già lo vedono al camposanto.
  • Il padre ha un potere di seduzione più forte della madre.

Un esempio, tra mille. Margherita, figlia del grande scrittore Beppe Fenoglio (1922-1963), era orgogliosa di suo padre. Diceva: “Papà è il mio motivo di fierezza. Papà è il mio eroe!”.

  • Il padre è più schietto, più diretto della madre. Questo piace, particolarmente alle adolescenti.
  • Un’ultima differenza di comportamento ‘stile maschile’: il padre tiene il figlio in braccio in modo tutto suo. Mentre la madre lo stringe a sé, il padre lo piazza dritto tra le sue braccia, come se fosse un filoncino napoletano!

Non è cosa da poco, dicono gli psicologi: il gesto ha un chiaro significato pedagogico: mentre la madre sembra appropriarsi del figlio, il padre, lo stacca da sé, lo apre al mondo, lo spinge in alto.

Se ciò che abbiamo detto è vero, privare il bambino di poter interagire con le due modalità dell’essere umano è un furto aggravato: è la sottrazione di condizioni essenziali per l’impianto di un uomo riuscito, armonioso e totale.

A questo punto forse qualcuno obietterà: quali prove scientifiche si portano per giustificare ciò che è stato detto in modo così forte e deciso? Tale tipo di educazione ha una storia ancora troppo breve per permetterci di arrivare a conclusioni del tutto certe

Ciò non toglie che si debba sempre tener presente il ‘Principio della prevenzione‘, secondo il quale non è mai lecito giocare sulla pelle di qualcuno, soprattutto quando si tratta di realtà delicate come questa: la formazione di un essere umano.

MI HA DATO LA VITA DUE VOLTE 

Una madre è sempre a disposizione quando ne hai bisogno. Aiuta, protegge, ascolta, consiglia e si prende cura di noi, sia fisicamente sia moralmente. Fa in modo che la sua famiglia sia amata 24 ore al giorno, 7 giorni alla settimana, 52 settimane all’anno. Per lo meno è così che ricordo mia madre durante i pochi e preziosi anni che ho avuto la fortuna di passare con lei. Ma nessuna parola può descrivere il sacrificio che ha fatto, spinta dal grande amore che aveva per me che ero il suo figlio più piccolo.

Avevo 19 anni e mi stavano portando in un campo di concentramento insieme a molti altri ebrei. Era chiaro che saremmo morti. All’improvviso mia madre si fece avanti e scambiò il suo posto con il mio. Anche se si parla di 50 anni fa, non dimenticherò mai le sue ultime parole e il suo sguardo di addio.

«Ho vissuto abbastanza. Tu devi vivere ancora perché sei così giovane» mi disse.

Molti bambini nascono una volta sola. A me è stata data la vita due volte, dalla stessa madre.

Joseph C. Rosenbaum