UN «Sì» CHE CI RENDE LIBERI

Nei Vangeli  quel giovane famoso pone a Gesù questa domanda: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?».

Un bravo ragazzo, certo. Quasi si scandalizza quando Gesù gli dice di osservare i comandamenti. L’ha sempre fatto! Però sente la monotonia del vivere bene senza quel qualcosa che rende la vita piena, felice appunto. Cerca «qualcuno» che gli dica qual è «quella cosa». Interessante. Molto interessante. Perché va proprio dalla persona giusta. «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi». Egli però non dice «sì», «ma a queste parole si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni». (Mc 10).

La proposta di felicità

Non è una proposta sdolcinata, tanto per fare l’educatore amicone. È un’offerta lucida, molto concreta, quasi tagliente. Anzitutto lo invita a muoversi, a darsi da fare: va’, vendi, vieni e seguimi.

Una proposta che è un invito ad allargare lo «spazio» vitale: non ripiegarti su di te, esci dal tuo guscio, guardati intorno, gli altri hanno bisogno di te, di quello che sei, che hai. Metti le tue risorse a disposizione («dallo ai poveri»): la tua intelligenza, il tuo cuore, le tue braccia, i tuoi beni. Una proposta che dilata il «tempo» aprendo orizzonti infiniti («avrai un tesoro in cielo»). Un invito a farlo subito: il tempo a disposizione non è illimitato, non occorre aspettare di invecchiare per mettersi a vivere davvero. Una proposta che sconvolge le regole del mercato che puntano al profitto: produrre, acquistare, accumulare. Per Gesù chi vende e dona non rimane certo privo, ma ha un tesoro che si raddoppia, anzi centuplica ed è proprio questo svuotarsi che riempie di quel «qualcosa» che sa di eterno e qualifica tutte quelle norme osservate fin dalla giovinezza! E poi «vieni e seguimi»: condividi la causa giusta, quella di uno di cui puoi fidarti e più pensi, vedi e vivi come lui più sai dove vai perché la tua fiducia l’hai investita al meglio andando al di là di ogni certezza radicata sul presente. «Ma se ne andò rattristato». Interessante anche il fatto che, di fronte al rifiuto, Gesù non gli corre dietro, non modifica le richieste, non le diluisce, non cerca una via di mezzo più ragionevole. Lui ha gettato un seme. Forse un domani sboccerà. Ma finché non avrà il coraggio di dire quel «sì», non sarà libero dalla zavorra che lo lega, lo appesantisce e non gli permette di volare e quindi essere pienamente felice.

La ricerca della felicità

«Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». «È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Amico mio, non sono le cose quel «qualcosa» che stai cercando, perché le cose generano la voglia di altre cose all’infinito, perché l’accumulare non è garanzia di costruire felicità, anche se la logica di tanti genitori è proprio quella di riempire i figli di tutto senza dare la risposta a quella grande domanda. La felicità non è un oggetto da ricercare, la felicità è la vita, un certo modo di vivere, senza cercare facilitazioni e scorciatoie. Lo dice bene Massimo Gramellini: «La felicità non è mai il traguardo in fondo alla strada. La felicità è la strada. Il nostro modo di starci sopra senza rinunciare a goderne il panorama e le mille possibilità di svolta (con una diffidenza naturale per le scorciatoie)». È facile perderla la felicità se si pensa sempre che sia in un altro posto, magari nel prato sempre più verde del vicino. Lo scrittore Alessandro Baricco scrive: «Perché è così che ti frega la vita. Ti piglia quando hai ancora l’anima addormentata e ti semina dentro un’immagine o un odore, o un suono che poi non te lo togli più. E quella lì era la felicità. Lo scopri dopo, quand’è troppo tardi. E già sei, per sempre, un esule; a migliaia di chilometri da quell’immagine, da quel suono, da quell’odore. Alla deriva». «La felicità è come una farfalla: se l’insegui non riesci mai a prenderla, ma se ti siedi tranquillo, può anche posarsi su di te».

Libero e felice

Ma se l’insegnamento-risposta di Gesù alla domanda del giovane non fosse sufficiente ti consegno una specie di mini-decalogo per «misurare» il tuo grado di felicità e per verificare se per caso non stai morendo di triste narcisismo contemplando sempre e solo te stesso quasi fossi l’ombelico dell’universo, oppure stai rischiando quel bubbone dell’anoressia che ti porta a una insoddisfazione indefinibile per rispettare canoni costruiti dal mercato dell’infelicità. Punto primo:

«Beati i poveri in spirito».  Mi accontento! «Nulla rifiutare e nulla domandare».

Il povero in spirito non ha paura neanche della persecuzione: uomo libero interiormente, che non dipende dall’opinione degli altri, non si lascia possedere da nulla, perché ha trovato nella povertà, nel distacco quel «qualcosa» che fa la differenza, lo rende libero e nessuno potrà togliergli la felicità. Altri sette punti li trovi all’inizio di Matteo cinque.