Senza una comunità educante, non c’è un’educazione possibile

Don Pasqual Chavez, Rettor Maggiore emerito dei Salesiani e IX successore di don Bosco, incontra la Comunità Educativa Pastorale del Borgo Ragazzi don Bosco

Domenica 2 dicembre, in occasione dell’inizio dell’avvento, don Pasqual Chavez ha incontrato operatori, educatori, volontari, famiglie, animatori e salesiani del Borgo Ragazzi don Bosco, ponendo l’attenzione, e non avrebbe potuto fare altrimenti, sulla condizione dei giovani di oggi.

Don Pasqual parte dal Sinodo e, nello specifico, dall’intervento di una ragazza degli Stati Uniti che ha sintetizzato la condizione giovanile attuale identificandola con la solitudine, la precarietà familiare e l’ansia esistenziale.

“Terribile che i nostri ragazzi si sentano soli” afferma don Pasqual “che sentano che quello che dovrebbe essere il nucleo fondamentale, la famiglia, si scioglie … Per un salesiano come me vuol dire che ci troviamo di fronte una grande sfida; un a sfida che si può risolvere soltanto se si crea una comunità educante” unita che si opponga alla frammentazione della società. “Si è rotta la catena di trasmissione dei valori” continua don Chavez “la famiglia era quella che ordinariamente comunicava i valori essenziali della vita umana; la scuola e la Chiesa non facevano altro che sviluppare quei valori, la società li tutelava. Questa società, oggi, non esiste”.

Allarmanti i dati presentati: negli Stati Uniti, dal 1995 ad oggi il numero dei suicidi giovanili è salito del 25%; lo scorso anno, sempre negli Stati Uniti, si sono suicidati 47.000 giovani, ne sono morti 70.000 di overdose. “Muoiono più giovani a causa di suicidi e overdose che non per le guerre! “.

In Italia, secondo alcuni dati Istat, ci sono 4 milioni di neet: not education, not employment, not training ovvero ragazzi dai 15 ai 29 anni che non lavorano, non studiano e non si formano. Sono invece 120.000 i ragazzi hikokomori ovvero quei ragazzi che non escono mai di casa.
Così, i suicidi, la droga, il non volersi coinvolgere in attività lavorative, di studio o più semplicemente in attività sociali, sembrano essere la risposta alla solitudine, alla precarietà familiare e all’ansia esistenziale che caratterizza i giovani di oggi.

La nuova comunità educante dovrà essere in grado di condividere idee, stile, spirito, di maturare una mentalità comune, di lavorare insieme, progettare insieme, realizzare insieme, verificare insieme, secondo le capacità di ognuno.

“Non si può stare come se niente stesse accadendo” continua don Pasqual. “E’ necessaria una nuova comunità educante. Senza di essa non c’è educazione possibile. Potrà esserci istruzione, allenamento,, sviluppo di abilità ma non educazione. Educare è un’arte di sentimenti nobili, di ideali alti, di capacità di prendere in mano la propria vita e quella di altri”.

“Siamo dunque in una fase di evoluzione fondamentale per quanto riguarda le regole dell’agire” conclude don Pasqual Chavez “è necessario individuare e coltivare gli atteggiamenti adeguati. Se noi sogniamo, i giovani profetizzaranno”.