OTTOBRE: coraggio
Cari genitori,
il proverbio dice che per educare un bambino ci vuole un villaggio.
Con il mese di settembre è andata a regime tutta l’organizzazione del nostro “villaggio educativo”: il settore scuola, il settore sport, il settore chiesa.
Al centro di tutto ci sono i ragazzi con il loro zainetto pieno di sogni, di paure, di attese, di contestazioni, di smarrimenti, di curiosità, di voglia-di-stare-insieme…:
538 di cui 255 alla scuola Media (142 maschi e 113 femmine), 283 ai Licei (133 maschi e 150 femmine) e nello specifico 158 al LES (79 maschi e 79 femmine) e 125 al Classico (54 maschi e 71 femmine).
Settanta adulti circa al loro “servizio” tra Salesiani, Docenti ed educatori.
E poi tutti voi genitori con i nonni e le vostre famiglie.
Non vi sembra un bel “villaggio”?
Se a settembre la parola era benessere, oggi la parola è CORAGGIO.
Il mese di ottobre è il mese missionario. E i missionari sono coraggiosi, lasciano tutto per portare, sull’esempio di Gesù, la libertà là dove l’uomo è schiavo della miseria, della mancanza di quel minimo per potersi definire umano, della violenza dei poteri forti e schiavizzanti, della divisione in caste, della umiliazione delle donne, dello sfruttamento dei bambini…
In casa nostra abbiamo bisogno di tanto coraggio oggi per accompagnare i nostri ragazzi mentre si aprono alla vita per riempire il loro futuro.
Regaliamoci un passaggio dell’articolo 38 della «regola di vita» dei Salesiani assaporandolo nei singoli passaggi per investire in passione educativa:
«IMITANDO LA PAZIENZA DI DIO – INCONTRIAMO I GIOVANI AL PUNTO IN SUI SI TROVA LA LORO LIBERTA’. – LI ACCOMPAGNIAMO – PERCHÉ MATURINO SOLIDE CONVINZIONI – E SIANO PROGRESSIVAMENTE RESPONSABILI – NEL DELICATO PROCESSO DI CRESCITA – DELLA LORO UMANITA’ NELLA FEDE».
Imitando la pazienza di Dio
È il punto di partenza indiscutibile: educare esige grande pazienza. Addirittura si scomoda la pazienza di Dio. Quel Dio che non smette mai di credere in me anche se io faccio di tutto per allontanarmi da lui. Un Dio pronto sempre a rinnovarmi la sua fiducia. È la pazienza dell’agricoltore che non mette fretta al seme o alla piantina, ma semina, concima, innaffia, pota al momento opportuno, accosta un paletto sostegno… Prima o poi arriveranno i frutti. Don Bosco propone l’icona del Buon Pastore: quanto amore e quanta pazienza con le singole pecorelle e quanta tenerezza per la pecorella smarrita o quella più bisognosa.
Dai, possiamo farcela!
Incontriamo i giovani al punto in cui si trova la loro libertà
Il «mi basta sapere che siete giovani» è l’aggancio per far scaturire una relazione basata sull’amore offerto incondizionatamente dall’educatore. Un amore che si attiva al punto in cui il ragazzo si trova nella disponibilità a fidarsi dell’educatore non nascondendosi dietro alibi libertari. La libertà di collaborare, di lasciarsi coinvolgere per fare un pezzo di strada insieme. Don Bosco dice che «in ogni ragazzo c’è un punto accessibile al bene». Lì comincia la sua libertà. Il problema è scoprirlo per toccare poi le corde giuste del rapporto costruttivo.
Magari non sarà tanto facile ma questo “punto” prima o poi sarà accessibile!
Li accompagniamo
I ragazzi sanno che Don Bosco c’è. Possono contare sempre su di lui perché è un compagno di viaggio. Da lui si sentono spronati, non diretti. La direttività esplicita può bloccare la relazione. L’accompagnamento, che offre indirettamente delle direttive, facilita il cammino insieme. Don Bosco vuole la presenza nel cortile, «l’assistenza», perché là, non solo dalla cattedra, ci si mette a fianco dei ragazzi, là le parole diventano «proposte di vita».
Com’è importante, cari genitori, “perdere tempo con i vostri figli”!!!
Perché maturino solide convinzioni
I soggetti che accompagniamo sono in ricerca, davanti a loro si apre di tutto e il rischio è che si lascino incantare da ciò che luccica di più. Bisogna affascinarli per consegnare loro convinzioni che diventino atteggiamenti, abiti che costruiscono la loro personalità. Domenico Savio, all’affermazione di Don Bosco che in lui c’è buona stoffa, chiede che sia lui il sarto per fare un bell’abito per il Signore.
Preoccupiamoci del risultato scolastico ma non perdiamo di vista il risultato di quella “personalità” che sta elaborando il suo “abito” unico e originale!
E siano progressivamente responsabili
E qui torna la pazienza di Dio nell’avverbio «progressivamente». Come l’agricoltore! Aiutare la pianta che cresce perché produca frutti. E quindi sia responsabile della sua vita. Far capire ai ragazzi che non esiste libertà senza responsabilità e che la libertà cresce, non diminuisce, scegliendo ciò che è giusto e non giocando a fare i capricci.
Ma i primi a dare l’esempio di responsabilità dobbiamo essere noi adulti!
Nel delicato processo di crescita
Tutto nell’età scolare può imprimersi nel DNA del soggetto. Nel bene e nel male. Quanto bene fa l’educatore accorto che rispetta, che responsabilizza, che è paziente… e quanto male può fare una battuta impropria: non la si dimentica facilmente. «Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me…».
Magari non ci ricordiamo cosa abbiamo mangiato a colazione ma certamente non dimentichiamo uno sgarbo ricevuto nell’adolescenza!
Della loro umanità nella fede
Ridiciamolo con Don Bosco: «Buoni cristiani e onesti cittadini». Il ragazzo è una unità. Deve rinforzare tutte le sue frantumazioni unificando la sua vita intorno a quella fede che lo rende adulto.
Lasciamo che i ragazzi si definiscano atei perché stanno ricercando un’immagine di Dio meno infantile di quella propinata loro nei vari catechismi, ma aiutiamoli a realizzare che senza una fede non si può vivere perché sarebbe una vita, forse, senza senso e senza festa!
Martedì 18 ottobre tutta la scuola si recherà al Colle don Bosco, paese natio del nostro santo, per affidare a lui tutto il nostro villaggio e chiedergli di stare con noi per aiutarci a fare discernimento in questa epoca storica che ci chiama ad essere protagonisti e “inventori di futuro”!