MAGGIO: una fede “in-carnata”
Dio non viene mai quando lo vogliamo noi, ma è sempre in orario. Siamo noi fuori tempo.
Cari genitori,
siamo a maggio con due grandi appuntamenti: la Pentecoste e la festa di Maria Ausiliatrice. La PENTECOSTE celebra l’apertura degli apostoli allo Spirito promesso e mandato da Gesù per «rivelare ai discepoli tutta la verità, la verità tutta intera». E finalmente i discepoli la smettono di cercare «cose» e cercano e si fidano di Lui, «via, verità e vita». MARIA AUSILIATRICE li ha accompagnati in questi cinquanta giorni dopo la Pasqua, facendoli riflettere su tutto quello che era accaduto e sul perché non avevano capito e quindi creduto. Maria è la Maestra, la guida. Alle nozze di Cana, indicando Gesù, dice: «Fate quello che dirà» e tutti si ritrovano finalmente con un’abbondanza di vino buono. A don Bosco, nel sogno dei 9 anni, dice: «A suo tempo tutto comprenderai». Anche noi come gli apostoli andiamo avanti a tentoni, a volte ci sembra di scoppiare di fede, altre volte siamo pieni di dubbi e di delusioni. Lasciamoci aiutare e accompagnare da Maria, dalla Madonna di don Bosco.
Domenica 19 maggio: FESTA DELLA PENTECOSTE.
Venerdì 24 maggio: FESTA DI MARIA AUSILIATRICE:
Ore 20.00: santa Messa; segue processione fino alla chiesa parrocchiale con i ragazzi della prossima maturità che porteranno la statua e le ragazze accompagneranno con la fiaccola.
Facciamoci qualche domanda sulla nostra fede
Nel Credo noi diciamo di credere in Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo. Ma la fede è credere nella Trinità? È necessario? Serve a qualcosa? Non è una costruzione intellettuale superflua? Cambia qualcosa nella nostra vita se non crediamo nel Dio trinitario? Due secoli fa il celebre filosofo Immanuel Kant scriveva queste parole: «Dal punto di vista pratico, la dottrina della Trinità è perfettamente inutile». Come dargli torto? No, non scandalizziamoci! Stiamo parlando ovviamente della «dottrina». Una dottrina come ricerca puramente razionale per cercare di definire Dio (quasi che noi fossimo in grado di dare una definizione di Dio) non arricchisce la nostra fede e la nostra vita. Ma la «fede» nella Trinità è tutto un’altra cosa. Allora la risposta alla domanda precedente è assolutamente sì!
La fede nella Trinità cambia non solo la nostra visione di Dio, ma anche la nostra maniera di intendere la vita. Confessare la Trinità di Dio significa credere che Dio è un mistero di comunione e di amore. Non un essere chiuso e impenetrabile, immobile e indifferente. La sua intimità misteriosa è solo amore e comunicazione. Conseguenza: al fondo ultimo della realtà non c’è altro che Amore, che dà senso ed esistenza a tutto.
Dal «che cosa» al «chi» cerchi?
È importante fare un piccolo passaggio. Seguendo il Vangelo di Giovanni si nota che è tutto un cammino di fede che si chiarisce man mano si ha il coraggio di andare all’essenziale e ci si mette a disposizione di chi dice di essere la Verità. Tutto inizia con una domanda di Gesù a due discepoli del Battista che lo seguono: «Che cosa cercate?». Alla risposta dei discepoli: «Maestro dove dimori?» disse loro: «Venite e vedrete». In Gesù tutti noi cerchiamo «qualcosa» che ci rassicura, che ci conforta, magari qualche piccolo miracolo o almeno un privilegio che in qualche modo ci fa sentire importanti. La religione come un posto dove si manovrano delle cose fino ad arrivare ad assolutizzarle e farle diventare una forma di potere, fino a forme di fondamentalismo, fino alla chiusura in gruppi privilegiati, quasi dei club autoreferenziali e gli altri sono «i lontani»… Ci vorrà un lungo cammino di maturazione per essere pronti alla vera domanda, quella della fede, quella che Gesù fa alla donna davanti al sepolcro vuoto: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?». È quel «chi» che segna il definitivo riferimento della ricerca del discepolo. Solo quando il «che cosa» sfocia e si abbandona nelle braccia del «chi», dalla dottrina si arriva alla fede, dalla dipendenza a un Dio che si segue perché ci si aspetta da lui delle ricompense, a un Dio che si segue solo perché lui ci ama.
Teologo con la fede
Tutto questo cammino esige un continuo discernimento, una continua conversione, un lasciare tutto quello che è marginale, e che può diventare zavorra, per non perdere lui, l’unico che è risposta alla nostra sete di eternità. Dare tanto tempo alla dottrina, alla ricerca, alla conoscenza è importante. Sant’Agostino dice di pregare perché il Signore ci aiuti a trovare la verità e a continuare a cercarla dopo averla trovata. Ma non la troveremo mai se non diventerà una persona, un lui a cui affidarsi, consegnarsi, perché, come dice Pietro, «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio». Non è detto che la teologia porti automaticamente alla fede. C’è un famoso detto: «Era teologo e aveva la fede. Oh, miracolo!» ed è molto significativo. Gli apostoli dopo tre anni di frequenza di Gesù erano ottimi teologi ma lontanissimi dalla fede, erano ancora all’infatuazione legata agli eventi e ai gesti compiuti dal Maestro. Solo quando si lasciano conquistare dall’incredibile gesto di chi si offre e si consegna completamente (ultima cena, lavanda dei piedi, crocifissione e risurrezione) e rinunciano alle loro attese di cose non ben definite, non vogliono più niente ma solo seguire quel «chi» che finalmente è diventato la loro Via, la loro Verità e la loro Vita.