L’INFLUENZA DEL VIRUS SOCIALE

“Noi, dico noi uomini in generale, siamo un po’ da compatire”. Non sbagliava Manzoni che, in conclusione al capitolo XXXI dei Promessi Sposi, apostrofava l’umanità usando questi toni. 

Le sue parole non potrebbero essere più attuali, dal momento in cui, lo scorso 31 dicembre, le autorità cinesi hanno contattato l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), dichiarando il rilevato insorgere, nella città di Wuhan, di una nuova forma di virus, appartenente alla famiglia dei coronavirus. Dal fatidico giorno, infatti, il mondo è stato totalmente travolto da un’ondata di allarmismo senza precedenti, che ha portato, in alcuni casi, al giusto rispetto delle norme di sicurezza, in altri a dichiarazioni e a comportamenti del tutto inadeguati, tra cui le aggressioni a individui di origine asiatica. E mentre l’epidemia ha iniziato a mietere sempre più infetti, altrettanto ha fatto la paura, in particolare tramite i media, diventati ad oggi lo strumento di comunicazione più potente di un “villaggio globale”. 

In tutto ciò non sono mancate, naturalmente, le fake news. Vi è infatti chi, improvvisandosi medico esperto in materia, ha sproloquiato su consigli e rimedi, tra cui cospargersi il corpo di candeggina o ingerire antibiotici. Si sono condivise notizie secondo cui il virus possa infettare gli animali domestici, smentite dal Ministro della Salute, o insensate convinzioni che si debbano rifiutare pacchi spediti dalla Cina. Soluzioni che non paiono alla fine così distanti dagli inutili palliativi rimediati dal popolo lombardo colpito dalla peste del 1630, come narrato ne I Promessi sposi

Alla base di questo fenomeno, secondo lo psicologo statunitense Allport, vi è l’influenza sociale, che si verifica quando parole, comportamenti, pensieri e sentimenti subiscono una modifica sulla base della presenza reale, immaginaria o implicita di altri soggetti. Non solo; secondo Dawkins, uno studioso inglese, determinate informazioni, chiamate “meme”, tendono a diffondersi in maniera eccezionalmente rapida, diventando in qualche modo “celebri” nella cultura di massa. Più colpiscono l’emotività, più si moltiplicano, esattamente come un gene.

Tutto sommato, non siamo ancora giunti a processi di stregoneria contro gli untori, a processioni altamente pericolose per la diffusione dei contagi o ad aggressioni fisiche ai medici, e il nostro Governo non si è sicuramente disinteressato riguardo alla salute dei cittadini. 

Tuttavia, bisognerebbe evitare di limitarsi al detto “scimmia vede, scimmia fa” e andare oltre allo stimolo immediato, non abbandonandosi a giudizi e valutazioni impulsive senza adeguata prova o fondamento. Non incorrendo, quindi, nel fatale errore di porre sul ring la ragione contro quelli che, a detta di Manzoni, sono “i fantasmi creati da sé”.