L’ARTE DI EDUCARE: 1. Salviamo la tenerezza

Siamo una società al capolinea; una società che si sta suicidando? Non vogliamo crederlo: l’uomo è programmato per togliersi d’impaccio. Resta, comunque, il fatto che la barca del mondo naviga in acque agitate come mai. Ha bisogno di sostegno per evitare il naufragio. Ecco dieci proposte per sostenere il salvataggio.

(Pino Pellegrino, Bollettino Salesiano)

Un salvataggio prezioso! “Tenerezza” è parola di nove lettere, ma di spessore enorme. Più che parola, è un vocabolario, una miniera: più la scavi e più trovi. Godiamoci, dunque, la nostra parola affascinante e preziosa.

La tenerezza è un coraggio senza violenza, una forza senza durezza, un amore senza ira. È soprattutto pace: il contrario della guerra, della crudeltà, dell’aggressività, della violenza, dell’insensibilità. È rispetto, protezione, benevolenza. È il rifiuto assoluto di far soffrire qualunque altra creatura.
Sii gentile con chiunque tu incontri, perché sta combattendo una grande battaglia. E nessuno di solito se ne accorge.

Tenerezza è:

  • salutare per primi
  • accorgersi che la minestra è buona
  • controllare l’acqua nella vasca dei pesci
  • lasciare il cellulare e passare alla stretta di mano
  • ricordarsi dei compleanni
  • chiamare per nome
  • usare parole balsamiche
  • offrire una coperta a chi trema di freddo
  • essere presente, non invadente

La tenerezza:

  • ama dire ‘noi’, più che dire ‘io’
  • rifiuta l’arroganza
  • scioglie i grumi del cuore
  • risponde con un sorriso
  • non alza la voce
  • non invita la televisione a tavola: preferisce il contatto visivo al contatto televisivo
  • accarezza la mano del malato, più che subissarlo di parole
  • consola
  • condivide
  • sta ‘insieme’ e non solo ‘accanto’ agli altri.

Insomma, la tenerezza non è tenerume, non è melassa: è ricchezza, da proteggere e salvare ad ogni costo! La tenerezza è il lubrificante dei rapporti umani, il condimento della vita. Se salta la tenerezza, trionfa la crudeltà.

Alcuni anni fa in una casa della periferia di Tokyo è stato trovato un uomo infagottato e rimpicciolito nel pigiama. Era morto da 20 giorni e nessuno si era accorto della sua scomparsa, né i suoi due figli, né i colleghi di lavoro.

Basterebbero venti milioni di italiani (a cominciare dai lettori!) conquistati dalla tenerezza, per far sì che l’Italia diventi l’anticamera del paradiso.

REGALARE GENTILEZZA

È una gelida giornata invernale a San Francisco negli Stati Uniti. Una donna su una Honda rossa, con i regali di Natale accatastati sul sedile posteriore, arriva al casello del pedaggio per il ponte sulla baia.

“Pago per me e per le sei auto dietro di me” dice con un sorriso, consegnando sei biglietti per i pendolari. Uno dopo l’altro, i sei automobilisti arrivano, dollari in mano, solo per sentirsi dire: «Una signora là davanti ha già pagato il biglietto per lei. Buona serata!”.

La donna della Honda (si venne a sapere, poi) aveva letto su un biglietto attaccato con nastro adesivo al frigorifero di un amico: “Praticate gentilezza a casaccio e atti di bellezza privi di senso”.

La frase le sembrò rivolta direttamente a lei e se la ricopiò. Anche a suo marito Frank piacque tanto che l’appese alla parete dell’aula ove insegnava. Tra gli alunni vi era la figlia di una giornalista locale. La giornalista la trascrisse nella sua rubrica sul quotidiano.

Ora la frase si sta diffondendo sugli adesivi, sui muri, in fondo alle lettere e ai biglietti da visita.

Ecco: “Praticate gentilezza!”.

La gentilezza può generare gentilezza, tanto quanto la violenza può generare violenza.

UNA STORIA DEGLI INDIANI D’AMERICA

Durante un anno di grande fame e difficoltà per una tribù, una nonna e il suo nipotino un giorno se ne stanno seduti assieme a parlare.

La nonna pensosamente dice: «Sento nel mio cuore che due lupi stanno lottando: uno è rabbia, odio e violenza; l’altro è amore, compassione e perdono».

«Quale vincerà la lotta per il tuo cuore, nonna?», chiede il bambino.

E la nonna risponde: «Quello che io nutro di più».