Imparare dai piccoli

Anche con la didattica a distanza “l’educazione è cosa di cuore”. 

E ti riscopri educato dai tuoi alunni.

Venerdì 17 aprile. La scuola è ricominciata da poche ore. Dopo le vacanze di Pasqua si aprono le “matte e disperatissime” ultime sei settimane di scuola, quelle decisive: per terminare programmi, per concludere percorsi, per valutare il cammino di una classe e dei suoi singoli componenti. Settimane di corse sfrenate all’ultima interrogazione, di Tetris sul Calendar di classe per infilare le verifiche senza sovrapporsi agli altri insegnanti, di orari improponibili per le correzioni, i verbali, le progettazioni finali, …. Intanto si organizzano gli esami e si pensa già al nuovo anno, ai libri di testo, all’incontro con i genitori delle future prime. 

Ma venerdì 17 aprile 2020 è diverso. Certo, si dovrà concludere l’anno con programmazioni e valutazioni annesse, ma a distanza. E tutto ciò di cui sopra avverrà, ma non sarà la stessa cosa. 

Perché per gli insegnanti il mese di maggio è come entrare nella selva oscura dantesca: porti dietro tutto il carico dell’anno trascorso, con la sua dose di stanchezza e di soddisfazione, ma le tre fiere  – tempo, programmi e valutazioni – sono impossibili da evitare e ciascuno di noi, in parecchi istanti di ordinario sconforto, ha bisogno di incrociare lo sguardo amico o la frase giusta di un collega che, come Virgilio, ti venga incontro e ti si faccia compagno nel cammino.

Ci sarà maggio anche quest’anno. Ci saranno le corse a finire ogni cosa. Ci saranno anche i colleghi che camminano con te, anche se attraverso uno schermo, un messaggio, una telefonata. E ti renderai conto di quanto è bella, vera e ricca di vita la quotidianità fianco a fianco, tra quattro passi in cortile e un caffè alla macchinetta, mentre ti confronti su come portare avanti un progetto o su quegli alunni che proprio ti mettono in crisi. Ma quando potremo riassaporare tutto ciò?

Così, mentre la mia mente si perde in questi pensieri e le notizie dai giornali non sembrano proprio ipotizzare una ripresa immediata, ti arriva una mail da un alunno di seconda, che dice: “Prof., ho scritto questa poesia sul Coronavirus. Le piace?”

Coronavirus

A cura di Riccardo Favergiotti

Mi giro e tutto intorno tace,

perché nel mondo non c’è mai pace?

Fuori si sente solo il vento,

con il suo strillo e il suo accento

Si ode infine il canto delle sirene

quelle che dicono: “Vogliamoci bene!!!”

Alcune persone lo cantano forte,

ma altre urlano “morte!!!” 

Persone che non ricevono neanche l’ultimo saluto

E medici che hanno solo bisogno d’aiuto

Un bel giorno il seme piantato diventerà un fiore

e finalmente finirà questo orrore

Ho sempre apprezzato – le mie giovani colleghe di lettere lo sanno – quella frase di D’Avenia, che dice “Il vero maestro cammina assieme ai suoi studenti, ma un passo avanti, apre loro la strada, perchè ne conosce i segni”. 

Leggendo la poesia e ripensando a queste settimane, mi sono accorta, invece, che la situazione in cui viviamo ora ci rende talmente piccoli e vulnerabili da perdere anche noi a volte la via. È difficile dare delle risposte che non conosciamo. Le regole e i precetti servono ben poco a spiegare una realtà misteriosamente grande.

Ciò che mi salva è essere io stessa in cammino con i miei ragazzi, certa delle mie radici e del mio scopo e grata perché, quando i turbamenti del presente annebbiano la strada, sono proprio i miei ragazzi a salvarmi e permettermi di ripartire. Anche con una poesia.