“Il piccolo principe” visto dai ragazzi, guida per ritornare bambini
Una storia che va oltre alle apparenze, che insegna a guardare oltre ciò che si vede con gli occhi, a non limitarsi a fermarsi in superficie ma ad andare oltre, a tornare bambini e avere la loro fantasia, a percepire l’essenziale, che si può vedere solo con il cuore.
Da qualche settimana, la classe 2A ha concluso la lettura de “Il piccolo principe” di Antoine de Saint-Exupéry, un libro ricco di insegnamenti, ma che va letto nel modo giusto per essere compreso a fondo. Infatti, la maggior parte degli alunni non è stata timida nell’affermare che non ha gradito o non ha capito il senso della storia. Tuttavia, altri ragazzi che avevano già letto questo libro, hanno detto di averlo inteso in un modo totalmente diverso, forse proprio grazie ai commenti e alle spiegazioni della professoressa Fontaneto, la quale non è stata affatto sorpresa nel sentire le opinioni dei suoi alunni al termine della lettura.
«Il “Piccolo principe” è un libro che va riletto più e più volte per essere capito a fondo», afferma la prof. di Italiano, «sempre che ci sia un unico modo di leggerlo».
Così si è rivolta alla classe sia prima di iniziare a leggere, sia alla fine della storia, spiegando che “Il piccolo principe” è un romanzo adatto ad ogni età, perché ad ogni età ti trasmette qualcosa di diverso.
Forse qualcosa andrebbe rispiegato e ricomemmentato, non solo ai ragazzi che non l’hanno capito ma anche agli adulti, per ricordare che anche loro una volta sono stati bambini.
A partire da uno dei personaggi più importanti: la rosa.
La rosa del Piccolo Principe si dimostra sin dall’inizio parecchio vanitosa, che sceglieva con cura i suoi colori, si vestiva lentamente e aggiustava i suoi petali ad uno ad uno. “Non voleva apparire che nel pieno splendore della sua bellezza”. Ma questo bellissimo fiore non è soltanto vanitoso, bensì gli piace anche essere viziato e coccolato dal suo padrone: esso, infatti, chiede al Piccolo Principe di annaffiarlo e di metterlo sotto ad una campana, per paura delle tigri e delle correnti d’aria.
Tutti questi favori costavano molte fatiche al suo padrone, che sostiene che i fiori non vanno ascoltati, ma solo respirati e guardati, perché sono belli e profumano il pianeta.
Solamente grazie all’incontro con la volpe sul pianeta Terra, il protagonista capisce che la sua rosa in realtà lo aveva addomesticato, perché si rende conto che avrebbe fatto di tutto per lei, la quale in cambio profumava il suo pianeta. E questo ripagava tutte le sue fatiche, eppure il Piccolo Principe l’aveva abbandonata.
Ma cosa significa davvero il termine “addomesticare”?
Come tutti sappiamo, nella nota storia di Exupéry la volpe insegna al Piccolo Principe che la sua definizione è “creare dei legami”, anche se, al sentire pronunciare questo termine, la prima cosa che ci viene in mente sono gli animali, con la quale non è possibile stringere legami pari a quelli di un’altra persona, un amico. Infatti, un’altra traduzione di questo termine suggerita dalla professoressa Fontaneto è stata “fare amicizia”, proprio quello che succede tra il protagonista e la sua rosa. Per un amico faresti di tutto, anche se ti costasse mille fatiche e lui ti ripaga sempre (nel caso della rosa con il profumo.)
Potremmo stare qui a parlare del Piccolo Principe per ore e ore, pagine e pagine, potrei accennare a tutti i personaggi che il protagonista incontra sui vari pianeti prima di giungere alla Terra. Si potrebbe discutere del re, dell’uomo d’affari e del geografo, con la quale il Piccolo Principe ragiona sul significato del termine “effimero” (= ciò che è minacciato di scomparire in un tempo breve). Ma sappiamo benissimo tutti quanti che non è il denaro, non sono le cose effimere a donarci la felicità, giusto?
Concludo questo breve ma immenso discorso su “Il piccolo principe”, dicendo che è un romanzo che non è soltanto una storia, un libro di appena 100 pagine che insegna più che 100 anni di vita.
«Tutti i grandi sono stati bambini una volta, ma pochi di essi se ne ricordano»
Antoine de Saint-Exupéry