Il narcisismo secondo Otto Kernberg
Mentre il narcisista mantiene una buona prova della realtà e può distinguere tra la rappresentazione di sé e dell’oggetto, allo stesso tempo, sperimenta una disorganizzazione del super-io ed una proiezione persecutoria sugli altri, come protezione contro la colpa, che gli consente di operare un comportamento antisociale come ad esempio lo sfruttamento.
Nella trattazione psicoanalitica del narcisismo, Otto Kernberg mantenne il concetto freudiano di pulsioni istintive.
Tuttavia, ha descritto il narcisismo come una “organizzazione di personalità borderline” di moderata severità, caratterizzata da un’identità integrata ma grandiosa, che si appella a difese primitive, in particolare la scissione.
Quest’ultima è la tendenza a vedere gli oggetti, cioè le persone, come tutti buoni o tutti cattivi.
Kernberg identifica l’eziologia di questi problemi con il concetto di Sè come una fissazione durante la fase del processo di separazione-individuazione del bambino e del caregiver, ossia il periodo di sviluppo in cui il bambino inizia ad agire indipendentemente dalla madre.
È durante questo processo che il bambino normalmente smette di scindersi e forma immagini integrate di sé e degli altri all’interno dell’Io. Tuttavia, questo processo può essere vanificato se il comportamento orientato alla crescita del bambino è punito dal rifiuto dell’affetto da parte della madre.
Quindi, il bambino è posto in un doppio legame. Per crescere, il bambino ha bisogno del sostegno del caregiver. Tuttavia, il bambino perderà quel sostegno emotivo se crescerà.
Kernberg non intendeva collocare l’eziologia del narcisismo esclusivamente nell’ambiente. Ha infatti suggerito che una “mancanza di tolleranza all’ansia dal punto di vista costituzionale in relazione agli impulsi aggressivi” potrebbe anche giocare un ruolo nello sviluppo della patologia narcisistica.
Cioè, il bambino può sperimentare pulsioni aggressive più elevate del normale, biologicamente basate, pur non essendo in grado di tollerare l’ansia generata dall’impossibilità di mostrarle al caregiver.
Ciò che risulta da questa fissazione è che il concetto di altri significativi non è integrato nel Sè.
Inoltre, mentre il narcisista mantiene una buona prova della realtà e può distinguere tra la rappresentazione di sé e dell’oggetto, allo stesso tempo, sperimenta una disorganizzazione del super-io ed una proiezione persecutoria sugli altri, come protezione contro la colpa, che gli consente di operare un comportamento antisociale come ad esempio lo sfruttamento.
Ciò è in contrasto con la personalità antisociale più severa. Tuttavia, Kernberg (1996) notò che i narcisisti, anche i “narcisisti maligni”, che descriveva come dotati di un’aggressione ego-sintonica – cioè, l’aggressività percepita come una parte normale del sé – sono capaci di avere autentici sensi di colpa e di assumere alcuni impegni nei confronti degli altri.
Ha postulato che un fattore importante che potrebbe separare patologie di personalità moderate e borderline, ad esempio il narcisismo, da patologie più gravi, ad esempio schizotipico, è il grado di estroversione nei temperamenti di questi individui.
“Egli considera l’apparente miglior funzionamento sociale del narcisista come un adattamento superficiale che nasconde un comportamento gravemente disadattivo derivante da relazioni oggettuali interiorizzate patologiche” (Consolini, 1999).
In breve, i narcisisti possono presentarsi come individui ad alto funzionamento, ma la loro psicopatologia alla fine si manifesterà nelle loro relazioni interpersonali.
Riguardo al trattamento, Kernberg suggerisce di concentrarsi sulla scissione difensiva operata dai narcisisti all’interno della relazione di transfert, pur rimanendo “neutrale e astinente” durante il confronto del comportamento distruttivo del cliente.
In poche parole, lo psicoterapeuta non dovrebbe soddisfare nessuno dei bisogni espressi del narcisista, al fine di facilitare la reintegrazione del Sè e delle rappresentazioni oggettuali all’interno dell’Io e la formazione di un Super-Io meno punitivo.
Così, Kernberg ha concluso che mentre il trattamento progredisce, il narcisista è probabile che ritorni dal Sè grandioso patologico ad uno stato di diffusione dell’identità, prima che si formi una nuova identità integrata.