GIOVANI «SENZA DOMENICA»
La Chiesa, che oggi appare così forte, in realtà non è mai stata così debole. Cresce la strana pattuglia degli «atei devoti», aumentano i suoi rumorosi difensori politici; ma calano i fedeli. E i giovani dove sono? Il papa è applaudito nelle piazze e «passa» spesso in tv; ma le chiese si svuotano. Il precetto si è trasferito al supermercato!?
Ancora oggi tante persone, soprattutto anziane, sentono il bisogno di confessarsi se una domenica, magari per motivi giustificabilissimi, quali una malattia o qualunque causa di impossibilità, non sono andati a messa e non se la sentono di fare la comunione avendo saltato il precetto.
Come la mettiamo con il «precetto»?
Precetto significa obbligo. Possibile che bisogna fare per obbligo, quasi come pagare una tassa, la cosa più bella del mondo? Cioè: accettare l’invito di Dio a un pranzo preparato tutto da lui. Rendendola obbligatoria si rischia di rovinare una cosa bella, togliendole cioè tutto il piacere della scelta libera e tutto il gusto dell’attesa e della preparazione con la meraviglia della sorpresa. E’ come se dicessimo a un fidanzato che una volta alla settimana «deve» incontrare la fidanzata per scambiarsi tenerezza, altrimenti commette peccato mortale… Accidenti!!! E pensare che i martiri di Abitene celebravano l’eucaristia alla domenica nonostante l’obbligo di non farlo…!!! Proprio il contrario…!!!
«Aperti la domenica» da… 2000 anni!
Così sulla porta di una chiesa, quasi per fare concorrenza al supermercato, alternativa e rifugio domenicale per tanti cristiani! Ho letto questo: «Presentiamo un cristianesimo senza anima e speriamo che il mondo possa darsi una svolta. Offriamo una domenica da precetto e ci lamentiamo che si preferisca il supermercato o un qualsiasi week end. E per andarci la gente sfida le code interminabili in automobile perché noi non siamo più capaci di presentare una comunità viva in cui esploda la gioia del Risorto. Tutte le ditte si mettono in cordata per sopravvivere o per proporre i loro prodotti, noi ci dividiamo continuamente in tanti gruppi e gruppetti. Certo noi non siamo una catena di commercio, non dobbiamo andare porta a porta a vendere un prodotto, non siamo una massa, ma potremmo presentare il dono grande della comunione se non fossimo tanto addormentati e svuotati dal di dentro. Il vangelo non si merita tanta nostra svogliatezza, tanto pressappochismo, tanta impreparazione. Per prendere una laurea ti metti di lena a studiare, tagli le amicizie, ti chiudi come in gabbia. Per conoscere il vangelo ti fermi ai ricordi del catechismo della Cresima di tanti anni fa?».
Che significa oggi domenica?
Dicendo «giovani senza domenica» si vuol dire che non si tratta di nuove abitudini, né di una presenza meno attenta dei genitori, ma piuttosto del fatto che per i nostri giovani di oggi la domenica è priva di quei segni tradizionali che aiutavano noi, adulti e anziani di oggi, a individuare la domenica come giorno diverso dagli altri: il vestito buono, il lavoro sospeso, i negozi chiusi, il dolce a tavola, la partita di calcio… Allora? Ripetere le esperienze del passato? Forse dobbiamo in questi nostri tempi aver cura della domenica come giorno dedicato allo “stare insieme” senza fretta e senza assilli, in cui vivere con maggior cura il “mangiare insieme” e preoccuparci del reciproco “star bene insieme”; a cercare i motivi per essere grati per i tanti momenti belli che viviamo, ad esprimere con gesti e parole questa gratitudine alle persone che ci sono vicine.
Da week-end a domenica Aver cura così della domenica per viverla come giorno del Signore: trovarsi insieme, nutrirci della Parola e di Cristo, attingere la forza e l’entusiasmo per iniziare una nuova settimana, «fare il pieno» di Dio per riconoscerlo per le strade della vita. Meno noia e più entusiasmo, meno prediche e più Vangelo, più canti, più riscaldamento e non solo inteso come termosifone! Importante il ruolo degli adulti, certo. Ma dove sono gli adulti vivi? Voi giovani, se volete, potete oggi darci un soprassalto di furbizia, di scaltrezza, di entusiasmo, di autentica professionalità, che è la santità, nel vivere la vita cristiana, nell’annunciare il vangelo e nel celebrare con gioia «il Dio dei viventi» e non dei dormienti!