Don Bosco Borgomanero

Don Bosco: un’idea, un’anima!

Un celebre pedagogista anticlericale e non credente, Giuseppe Lombardo Radice, scriveva ai suoi:

«Don Bosco era un grande che dovreste cercare di conoscere! Nell’ambito della Chiesa… egli seppe creare un imponente movimento di educazione, ridando alla Chiesa il contatto con le masse che essa era venuta perdendo. Per noi che siamo fuori dalla Chiesa e da ogni Chiesa, egli è pure un eroe, l’eroe dell’educazione preventiva e della scuola-famiglia. I suoi prosecutori possono essere orgogliosi». E ancora. «Don Bosco? Il segreto è lì: un’idea! Le nostre scuole: molte idee. Molte idee può averle anche un imbecille, prete o non prete, maestro o non maestro. UN’idea è difficile, un’idea vuol dire un’anima».

Mi sono chiesto qual è questa idea che diventa nucleo generatore della spiritualità che si rifà a Don Bosco. Ho trovato che questa idea-madre è la felicità dei giovani! Don Bosco vuole solo questo: che i suoi giovani siano felici, veramente felici, sempre felici. Lo dice in tanti modi. E tutto ruota intorno a questa idea. Per realizzare concretamente questa idea è disposto a dare l’anima. A tal punto che l’idea e l’anima coincidono, si sovrappongono, sono la stessa cosa. L’anima di Don Bosco è la felicità dei suoi giovani, e la felicità dei giovani è l’anima di Don Bosco.

Ascolta: «Mi basta sapere che siete giovani perchè io vi ami assai!». L’idea diventa così prepotente che annulla ogni condizione, diventa accoglienza incondizionata. Basta essere giovani per rubare l’anima a Don Bosco. Ancora: «Io per voi studio, per voi lavoro, per voi vivo, per voi sono disposa anche a dare la vita». Non solo ma: «Nella cose che tornano a vantaggio della pericolante gioventù o servono a guadagnare anime a Dio, io vado avanti fino alla temerità». Il suo primo collaboratore, Michele Rua dirà di lui: «Non diede passo, non pronunciò parola, non mise mano ad impresa, che non avesse di mira la salvezza della gioventù… Realmente non ebbe a cuore altro che le anime».

Famosa la sua dichiarazione di amore riportata nella «Lettera da Roma» del 1884: «Miei carissimi figlioli in Gesù Cristo, vicino o lontano io penso sempre a voi. Uno solo è il mio desiderio, quello di vedervi felici nel tempo e nell’eternità».

È una felicità totale, non a buon mercato, tanto al chilo. Una felicità che ti prende tutto, che parte dal profondo di te. Niente di epidermico, di appiccicaticcio, di stagionale.

«Noi facciamo consistere la santità nello stare molto allegri», dirà il suo capolavoro pedagogico, Domenico Savio. La felicità che ruba l’anima a Don Bosco ha a che fare nientemeno che con la santità! Non è felicità di una sera in discoteca, di uno sballo rimediato e consumato. È qualcosa che dura, che straripa a tal punto da continuare nell’eternità. L’Allegria di cui parla Don Bosco si rifà al soprannaturale, è benessere globale, è armonia profonda, costruita intensamente nei rapporti fondamentali con Dio, con gli altri, con se stesso. È attenzione a non perdere le occasioni, a non sprecare energie in ciò che conta poco, che è marginale, che non profuma di eterno. Dice Don Bosco che sarebbe disposto a strisciare con la lingua da Valdocco a Superga se questo poteva servire a far evitare anche solo un peccato… Questa è la felicità, idea madre di tutta la pedagogia, la spiritualità, la metodologia, l’amorevolezza, di tutta l’anima di Don Bosco.

«Miei cari giovani, difficilmente potrete trovare chi più di me vi ami in Gesù Cristo, e chi più desideri la vostra vera felicità». C’è quindi una felicità non vera, troppo facile e che si trova svenduta continuamente in tutte le offerte che puntano al mondo giovanile. Don Bosco lo sa e vuole che i ragazzi non si accontentino del «felice-facile» ma apprezzino la «vera felicità» quella che si gusta «nel tempo e nell’eternità».

Questa idea che ruba l’anima di Don Bosco si concretizza in una offerta educativa, una pedagogia, «il sistema preventivo» che Don Bosco riassume in poche battute ma che, se vissuto in profondità, diventa l’ama vincente di ogni educatore che vende la sua anima a quella idea!

«La pedagogia del XXI secolo sarà salesiana o non sarà», ama ripetere Guy Avanzino, eminente professore di scienze dell’educazione all’Università di Lione.

E Jean Duvallet, anziano compagno dell’Abbé Pierre, in uno dei suo indirizzi ai figli di Don Bosco, dice queste parole: «Voi avete delle opere, dei collegi, delle case ma non avete che un solo tesoro: la pedagogia di Don Bosco. Rischiate tutto il resto, questi non sono che mezzi, ma salvate la pedagogia… Vent’anni nel ministero della rieducazione mi obbliga a dirvi: siete responsabili di questo tesoro pe la Chiesa e per il mondo. In un mondo dove l’uomo ed il fanciullo sono triturati, classificati, psicanalizzati, dove i bambini e gli uomini servono come “materie prime”, il Signore vi ha consegnato una pedagogia dove trionfa il rispetto del bambino, della sua grandezza, della sua debolezza, della sua dignità di figlio di Dio. Questa pedagogia conservatela, rinnovatela, ragionatela, arricchitela di scoperte, adattatela ai grandi mali dell’esistenza, così come Don Bosco non ha mai visto… ma conservatela. Cambiate tutto, perdete le vostre case…che importa!».

Lasciamo parlare Don Bosco.

Non basta amare i giovani. Occorre che i giovani non solo siano amati, ma che essi stessi si accorgano di essere amati». Amore riconosciuto.

-«E che essendo amati in quelle cose che loro piacciono, imparino a vedere l’amore in quelle cose che naturalmente loro piacciono poco». Amore ricambiato.

-«Negli antichi tempi dell’Oratorio lei stava sempre in mezzo ai giovani e l’affetto era quello che ci serviva di regola». L’affetto è generatore di disciplina.

-«Senza familiarità non si dimostra affetto e senza questa dimostrazione non vi può essere confidenza». Clima di famiglia come una seconda casa.

-«Chi sa di essere amato ama e chi è amato ottiene tutto specialmente dai giovani».

Ma l’amore non è una parola qualsiasi, l’amore è l’anima di Don Bosco tutta votata alla felicità dei giovani. Esige continua attenzione, preparazione, rinuncia, pazienza. Sempre al suo primo collaboratore don Rua dirà: «Studia di farti amare!».

È tutto qui.

Buona festa di don Bosco il 31 gennaio con i ragazzi della scuola e domenica 4 febbraio con le famiglie nella celebrazione della messa delle 11.15 presieduta dal nostro Vescovo Mons Franco Giulio Brambilla.