Dalle paure e illusioni all’unica speranza
La scuola non può permettersi di non «ragionare di futuro» con i propri ragazzi, di ritenerli troppo piccoli e impreparati e di demandare alle famiglie. È profondamente pedagogico far incontrare i ragazzi con la morte, è la migliore occasione per meditare sulla vita.
In tutti i tempi della storia, fin dalle origini, gli uomini hanno dovuto confrontarsi con l’enigma senza risposta della morte e hanno tentato in tut¬ti i modi di superarlo o almeno di esorcizzarlo. Gli Egiziani sono ricorsi alla mummificazione per preservare il corpo dalla decomposizione, hanno compiuto riti, cerimonie, pratiche funerarie complicate e minuziose per assicurare al defunto una vita nel mondo di Osiride. I popoli della Mesopotamia hanno parlato della morte come di una discesa verso «il Paese senza ritorno» e, rassegnati, hanno dovuto ammettere: «Quando gli dei formarono l’umanità, attribuirono la morte agli uomini e trattennero la vita nelle loro mani». Altri hanno pensato alla possibilità di un ritorno alla vita di questo mondo attraverso un succedersi di innumerevoli reincarnazioni.
C’è una sola risposta
Quante cose succedono nella nostra vita: nasciamo, cresciamo, ci innamoriamo, formiamo una famiglia, educhiamo dei figli; proviamo gioie e dolori, coltiviamo sogni e speranze … Poi un giorno tutto sembra concludersi nel nulla della morte. Tutto finisce, tutto scompare. S’interrompono i dia-loghi d’amore, gli affetti, i rapporti con le persone care. Torniamo nel nulla dal quale ci ha tratto un gesto d’amore dei nostri genitori? Davvero Dio ha creato l’uomo per un destino così crudele? Che cos’è rimasto di Abramo, Isacco e Giacobbe, soltanto il loro nome?
A questi interrogativi Dio ha dato una risposta …
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