Chiuse 625 scuole cattoliche per le tasse

Di Stefano Zurlo

L’allarme della Fism: “Sparite 400 scuole materne, costi insostenibili”

Un’emorragia inarrestabile. Chiusure su chiusure. Dal Trentino alla Sicilia. Un piccolo mondo antico al servizio dei ragazzi sta andando in pezzi.

Scompaiono le materne, e poi, a ruota, tutte le altre: elementari, medie e superiori. La vicenda degli arretrati Ici, chiesti dal Comune di Ferrara a una decina di istituti cattolici, è solo l’ultimo attacco di un assedio senza fine. Virginia Kaladich, presidente della Fidae, Federazione istituti attività educative, dà un dato riassuntivo. Drammatico: «Le paritarie, quindi le scuole non statali, erano nel complesso 13.625 all’inizio dell’anno scolastico 2013-2014. Oggi siamo a quota 13mila. Vuol dire che abbiamo perso oltre seicento realtà in due anni circa. Un disastro».

Un declino che colpisce anzitutto le materne. Qui siamo ad un passo dalla catastrofe: «Le paritarie dell’infanzia – afferma Antonio Trani, presidente della Fism, Federazione italiana scuole materne – erano 10.050 nel 2013-2014, oggi siamo a quota 9.650. Con 400 chiusure in due anni e una tendenza all’aumento».

Se non è una Caporetto poco ci manca. Racconta Trani: «La crisi economica strangola le famiglie, le rette salgono e allora molti genitori fanno la scelta più dolorosa e economica. Tengono i figli a casa, ancora di più quando papà o mamma hanno perso il lavoro». Cosi classi intere vengono soppresse e i grembiuli sono sempre di meno. Gli allievi inseriti nel circuito delle paritarie, dai 3 ai 19 anni, sono scesi nel 2014, per la prima volta nella storia, sotto la quota di un milione. Un dato simbolico e inquietante.

Non basta. Perché le difficoltà del sistema produttivo s’intrecciano con il calo demografico. Inesorabile. E con le rigidità di un sistema in cui lo Stato spreme i privati come limoni e in cambio dà poco o nulla. «Abbiamo tutti gli oneri – sintetizza Trani – ma nessun onore. Le primarie sono inquadrate con la legge 62 del 2000. All’inizio il sistema funzionava bene, poi, un po’ alla volta, sonio emersi nuovi adempimenti e obblighi su obblighi. Morale: i costi sono diventati insostenibili».

Le cifre sono impietose. Un ragazzo delle elementari costa allo Stato, se va in una struttura statale, 7.366 euro l’anno. Ma lo Stato dà per ogni giovane che frequenta la paritaria 787 euro. «Il resto – prosegue Kaladich – ce lo dobbiamo mettere noi. Il gap è enorme e ogni anno restiamo appesi alla discrezionalità della politica perché i contributi non sono mai certi. Ma come si fa a costruire un bilancio preventivo in queste condizioni?». Peccato che al peggio non ci sia limite. Se si passa al comparto delle secondarie si trovano rapporti ancora più mortificanti: il costo medio per alunno alle medie statali è di 7.688 euro, ma il bonus girato alle paritarie non supera i 90 euro per giovane. Una mancia che alle superiori diventa ancora più offensiva: «Roma ci dà 47 euro a testa a fronte di una spesa annua di 8.108 euro. Una miseria. Quasi uno schiaffo». Come se non bastasse, i giudici pretendono gli arretrati dell’Ici.

«Siamo discriminati: siamo dentro un sistema integrato che però funziona a intermittenza. Quando c’è da pagare – conclude Kaladich – Roma si dimentica che noi svolgiamo una funzione pubblica e garantiamo un diritto costituzionale: quello alla libertà di educazione». Scolpito nella Costituzione e cancellata da un diluvio di tasse