Cardinale Zuppi: «Non sappiamo unirci neanche di fronte alla massima tragedia del nostro tempo»
Fonte: Corriere della Sera, di Walter Veltroni
L’arcivescovo di Bologna: «Prevalgono protagonismi, furbizie e polemiche astiose. Abbiamo sfruttato tutte le risorse, ambientali e umane, per edificare una società fragile e vorace»
Conosco Matteo Zuppi da molto tempo. Ha operato a lungo nella parrocchia di Trastevere e per poco tempo a Torre Angela, periferia est di Roma. La sua missione è proseguita per anni nel Vicariato di Roma. Ora è vescovo di Bologna e cardinale nominato da Papa Francesco. È sempre stato un pastore, vicino alla sofferenza e al bisogno. Mi sembra non consideri che fede e dubbio siano nemici. Per questo sentivo il bisogno di ascoltare i suoi pensieri sul tempo inedito della vita che stiamo attraversando.
Eminenza Zuppi, c’è, in questo tempo inedito, un interrogativo spirituale che si è posto alla sua coscienza con maggiore drammaticità?
«Il confronto col male. È qualcosa di molto fisico e molto concreto, di decisivo. E lo capisci perché l’acqua è arrivata fino alla gola, perché è cambiata la vita, la città è diventata un deserto, perché hai avuto persone che si sono ammalate, hai visto le immagini di Bergamo, perché hai capito che, come ha detto Papa Francesco, era sbagliato credersi sani in un mondo malato. La lotta contro il male diventa quasi fisica. È come quando uno parla a favore della pace, contro la guerra ma poi, quando la violenza scoppia e ti raggiunge, capisci che quello che dicevi o pensavi non era esercitazione volontaristica, puramente morale, ma una lotta di fondo, decisiva per la vita tua e per la vita degli altri. Direi che questo è stato il grande esercizio spirituale. L’altro è stato la riflessione sull’interdipendenza dei comportamenti, sulla natura di relazione dei gesti tra noi. Se io sono uno sconsiderato e metto in pericolo qualcuno, o se non aiuto qualcuno e scappo, comprometto il suo destino, il mio e quello degli altri. È come se questa pandemia abbia legato gli umani in una “comunità di destino”. Privato e pubblico sono tornati in stretta relazione. Cosa che, in fondo, quando eravamo un po’ più giovani, avevamo addirittura l’ambizione di far coincidere. Il mondo si è improvvisamente interconnesso, da monadi isolate siamo diventate cellule interdipendenti di un organismo unico. L’uomo planetario, fatto di sofferenza, relazione, speranza. Non è soltanto un problema di igiene, è anche una dimensione molto spirituale. E come tutte le cose spirituali deve essere molto concreta e fondata sulla relazione con gli altri. Lo spirituale è l’anima delle nostre relazioni e si nutre di esse, dà senso, linfa al nostro vivere sociale».
Il virus genera paura e bisogno degli altri, insieme. Come le sembra abbia fatto irruzione nelle coscienze il tema dell’altro da sé?
«L’assenza ci fa capire il valore della presenza. Il fatto…
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