APRILE: verso la vita

BUONA PASQUA cari genitori e docenti!

Nei racconti pasquali del Vangelo, quello titolato «I discepoli di Emmaus» (Lc 24,13-34) è una pagina interessante perché ci descrive la figura di Gesù nella versione educativa e, nello specifico, quella dell’educatore che accompagna due ragazzi in piena crisi di fallimento, di rigetto.

Gesù si affianca, li lascia parlare, li ascolta e poi prende la parola e scalda il loro cuore; poi si ferma al bar con loro e «spezza il pane» aprendo gli occhi del loro smarrimento e avviene l’incredibile, perché i due ragazzi riprendono la via per ritornare al loro posto di vita, con la comunità da cui erano fuggiti, superando ogni crisi. E fu, anche per loro, finalmente Pasqua: passaggio dalla morte alla vita!

Guardando Gesù mi sono chiesto come possiamo fare Pasqua noi educatori mettendoci a fianco dei nostri ragazzi per ascoltarli, per dire loro le parole giuste, per «spezzare il pane della vita» con loro e accompagnarli a vedere un po’ di luce.

Ho ripreso in mano i documenti del «Sinodo dei giovani», dell’ottobre 2018, e mi ha colpito un testo della “riunione presinodale”, dove alcuni giovani si erano trovati per ragionare su alcuni temi e dove nel n. 10 appunto, approfondiscono la questione della «identità degli accompagnatori» ovvero i genitori, i pastori, gli educatori e gli insegnati. Coloro che, in quanto adulti, sono particolarmente impegnati nell’ambito educativo e pastorale. Don Rossano Sala, segretario del Sinodo, riassume il tutto in tre punti. Li offro alla nostra meditazione perché questa Pasqua ci faccia crescere nella  nostra dimensione educativa, in questo periodo di ripresa postpandemica, molto delicato per tutti i nostri ragazzi.

     1 – I ragazzi ci chiedono di essere «testimoni vivi» che non hanno paura di mostrare la loro vulnerabilità. Non ci chiedono di essere perfetti, non ci vogliono supereroi, ma persone che lottano quotidianamento per migliorarsi; ci domandano di essere uomini e donne che sanno fare i conti umilmente con i loro difetti ed errori, non gente che si mette sul piedistallo della vita, ma educatori disponibili a camminare (come Gesù a Emmaus) e crescere con coloro che accompagnamo in un pezzo importante della loro vita.

     2 – «Saper riconoscersi umani», ovvero fallibili: è bello ammettere di essere inseriti in una condizione di fragilità sistemica, senza farne motivo di depressione ma, al contrario, contenti di vivere tale posizione come spinta all’impegno quotidiano per tendere all’altezza della chiamata educativa che abbiamo ricevuto. L’educazione è questione di libertà e decisione: non solo per coloro che accompagniamo, ma anche per noi!

     3 – In definitiva i ragazzi ci propongono di esser «non perfetti, ma peccatori perdonati». Come dire, per essere dei buoni educatori bisogna mettersi sulla lunghezza d’onda di una sana identità cristiana. Ed ecco il bisogno di fare Pasqua, di passare  da…a! Un adulto che ha preso coscienza della sua identità sa che quello che è non è frutto dei suoi sforzi personali o di meriti acquisiti, ma è opera della grazia di Dio. Egli è pienamente se stesso nel momento in cui si sente amato e chiamato, abbracciato e perdonato, mandato e sostenuto. Senza di questo è difficile per un educatore mantenere la sua corretta postura generativa. Aver cura di sé come educatore significa prima di tutto vivere pienamente la propria identità. Il rischio di deformarla –sia in direzione depressiva, sottolineandone solo la fragilità, sia in direzione altezzosa, mettendone in risalto solo la forza- è sempre accovacciato alla porta della nostra vita. Ad entrambe queste deviazioni dobbiamo opporre resistenza.

Aggiungo solo che Gesù, dopo aver ascoltato le lamentele dei due discepoli, prende la parola e attacca di brutto: «Stolti e lenti di cuore a credere». Cioè, arriva il momento in cui il nostro ruolo di «accompagnatori» ci spinge ad essere esigenti per condurli a cambiare strada, a ritornare su quella giusta, proprio come avviene con i due di Emmaus che reagiscono positivamente all’intervento di Gesù.

Don Bosco, a modo suo, ci chiede di essere «umili, forti e robusti».

UMILI – (testimoni vivi) – L’umiltà: il pieno riconoscimento della nostra vera condizione esistenziale: sapersi creature fragili, seppur amate alla follia da un Dio che ha dato la vita per noi; vivere continuamente di legami e affetti che ci danno la vita e ci tengono in vita, piuttosto che illudersi di bastare a se stessi.

FORTI – (riconoscersi umani) – La fortezza: saper resistere alle fatiche e agli insuccessi della vita e della missione educativa, è decisivo nell’educazione, perché sappiamo che essa può incontrarsi spesso con il fallimento, l’errore, la crisi. Educare ha strutturalmente a che fare con la libertà dell’altro, e quindi il risultato non sarà mai un automatismo che va da sé, né un algoritmo definito una volta per tutte. Bisogna essere forti perché la fatica, il sacrificio e anche la sconfitta prima o poi arriveranno, e bisognerà ogni volta risollevarsi.

ROBUSTI – (peccatori perdonati) – La robustezza: resistenza fisica e forza d’animo per vivere la missione educativa. Ci sono momenti –tutti li conosciamo- in cui la tentazione di abbandonare il campo, per sfinimento o per comodità, arriva. Rimanere con i ragazzi ogni giorno, «perdere tempo» a giocare con i figli, ripetere le stesse cose dette e ridette, non smettere mai di essere «testimoni vivi, di saper riconoscersi umani, di non essere perfetti ma peccatori perdonati» ci rende ogni giorno più robusti, pronti sempre a ricominciare, nella speranza, anzi nella certezza che prima o poi…!

Forse basta mettere un po’ più di cuore in tutto quello che facciamo, perché, dice ancora don Bosco, «L’educazione è cosa di cuore e Dio solo ne ha le chiavi». Entriamo nella logica del nostro Dio, il Dio della Pasqua, il Dio che accoglie alla grande il figlio che ritorna a casa, perché «vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione» (Lc 15,7).

Lasciamoci contagiare il cuore e tutto sarà «umanamente più entusiasmante».

Borgomanero, PASQUA 2023

don Giuliano