Adolescenti e partecipazione
Gli adolescenti? Meravigliosi, ma con le giusta opportunità.
a cura di Velania La Mendola
L’ultima indagine sulla Generazione Z si intitola Adolescenti e partecipazione ed è un racconto a più voci a cura di Elena Marta, ordinario di Psicologia sociale e di comunità dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Paola Bignardi, coordinatrice dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Giuseppe Toniolo di Studi Superiori, e Sara Alfieri, psicologa e ricercatrice presso il Dipartimento di Psicologia clinica della Fondazione IRCCS di Milano.
Quale significato abbia il termine ‘partecipazione’ per gli adolescenti è una questione non banale. Attivismo? Protesta? Secondo la ricerca se per molti è chiaro cosa è in gioco per il bene comune, per altrettanti è difficile sapere cosa fare. Che ruolo hanno gli adulti in tutto questo? Lo abbiamo chiesto alle curatrici.
E viceversa?
Se il mondo adulto non riesce ad alimentare queste competenze, è probabile che esse pian piano si atrofizzino, perché non utilizzate o non ritenute rilevanti. In questo senso, il ruolo del mondo adulto è fondamentale, perché è vero anche il contrario: adolescenti un po’ meno “attrezzati” o motivati possono trarre enorme giovamento da contesti “fertili”, capaci di incuriosirli, attivarli, coinvolgerli, apprezzarli, farli sentire parte di una comunità.
Questo capovolgimento è dimostrato dalle vostre ricerche?
In questi anni di ricerca abbiamo compreso che se gli/le adolescenti hanno l’opportunità di incontrare adulti che si appassionano alla costruzione del bene comune, capaci di trasmettere il valore e il piacere della partecipazione e dell’impegno nel sociale, possono a loro volta sviluppare questa passione o per lo meno incuriosirsi e sviluppare riflessione sul tema. Questo è l’insegnamento che abbiamo imparato utilizzando negli anni l’approccio del Positive Youth Development: lavorare sulle competenze che ciascun adolescente possiede, valorizzando ciò che già c’è e merita di essere alimentato, piuttosto che focalizzarsi su quello che manca o che non funziona. Per questo motivo, non è possibile rispondere in maniera univoca alla prima domanda sdraiati o attivisti: accanto a contesti molto fertili, dove visibilmente l’ago pende dalla parte dell’attivismo, ci sono contesti che faticano maggiormente a valorizzare e potenziare le competenze dei propri adolescenti e, purtroppo, l’ago propende verso una maggiore passività.
Cosa si intende per partecipazione e civic engagement?
In generale per partecipazione si intende il prendere parte ad ‘attività organizzate’: dal giocare a basket nella squadra della scuola, a frequentare gli scout, a contribuire alla pulizia di un parco. Nello specifico invece, la psicologia di comunità studia la partecipazione in termini di civic engagement, ovvero atteggiamenti, conoscenze, abilità e comportamenti che intendono migliorare la società e che traggono origine dal desiderio – o dalla motivazione – di costruire e incrementare il bene comune.
Nel libro abbiamo voluto valorizzare tutte le forme di partecipazione – dentro e fuori dalla scuola, in associazioni di volontariato, in politica – mostrando tutte le numerose sfaccettature del tema e restituendone al lettore un quadro articolato.
Questa scelta è stata supportata da numerose ricerche nazionali e internazionali che mettono in luce come i precursori di un impegno “forte”, adulto, siano spesso rintracciabili in comportamenti che in adolescenza possono sembrare “blandi”, quali il tenersi aggiornati circa i fatti di cronaca, il farsi incuriosire da un evento pubblico o la partecipazione a gruppi organizzati.
Cosa vi ha sorpreso di più tra i risultati della ricerca?
Durante questi anni, abbiamo imparato a non sorprenderci più dei risultati, in genere molto positivi, che emergono dalle nostre ricerche sulla Generazione Z. L’anno che abbiamo iniziato questo viaggio, ci siamo stupite molto nel vedere quante e quali competenze mostrassero questi adolescenti: un tesoro inestimabile! Quando abbiamo iniziato a ragionare sul nostro stupore, ci siamo scoperte coinvolte in una trappola “culturale”: se ci stupiamo nel vedere tanta meraviglia, significa che non pensiamo di poterla trovare. Abbiamo quindi cambiato anche noi il nostro atteggiamento alla scoperta di questo patrimonio, affinando sempre di più la nostra lente di ingrandimento ma, soprattutto, lo sguardo con cui guardiamo questi ragazzi. Oggi siamo sicure di poter trovare in questa Generazione un terreno fertile da qualunque parte lo si guardi. Al mondo adulto, rimane il compito di piantare il seme…
Quanta voglia di bene comune hanno i nostri adolescenti?
La Generazione Z ha molto chiari valori quali il bene comune, la solidarietà, la partecipazione. Se si chiede agli adolescenti quanto sono importanti o quanto ci credono, rispondo con punteggi molto elevati. Se però si domanda loro come, nella vita quotidiana, perseguono questi valori, con quale frequenza, attraverso quali occasioni, ecco che per molti le azioni sono sporadiche. Quasi come se non sapessero cosa fare per applicare nel quotidiano quei valori in cui credono fermamente. In questo senso, la frase chiave è “fornire delle opportunità”, ovvero aiutare questi ragazzi a pensarsi come protagonisti attivi nei propri contesti. Coinvolgerli nella pulizia di un parco, nella raccolta di firme per una causa comune, discutere con loro degli eventi di cronaca, invitarli ad un evento sociale o a diventare volontari in una associazione. Far vedere loro che possono indossare anche questi panni, che sono azioni alla loro portata, in questo momento, alla loro età, e che non sono solo possibilità per adulti. Ancora una volta, è il mondo adulto che deve rendere possibile questo incontro.
La pandemia è stata uno spartiacque, difficile, per tutti, giovani e adulti. Come hanno vissuto questo periodo gli adolescenti?
Abbiamo notato che durante l’emergenza poco spazio è stato dedicato “veramente” agli adolescenti: molto si è parlato degli adolescenti come studenti – le loro performance, la DAD, i programmi scolastici, ecc. – ma poco degli adolescenti come persone che stavano attraversando un evento imprevisto, epocale sostanzialmente senza un accompagnamento. Successivamente sono emerse le ricerche focalizzate sulla psicopatologia sviluppata dagli adolescenti. Se è vero che una certa percentuale di adolescenti ha vissuto e sta vivendo situazioni di sofferenza e di grave disagio, va però anche ricordato che le ricerche che sono andate ad indagare come questa generazione ha attraversato la pandemia, ci mostrano giovani donne e giovani uomini che hanno sviluppato resilienza, ma ancor di più hanno rivisto le loro priorità, hanno sviluppato senso di responsabilità e di comunità, hanno mostrato empatia, stima e gratitudine verso i professori che sono stati capaci di interpretare la loro responsabilità formativa adattandola al contesto, hanno riscoperto i valori dei legami veri, dei legami oltre i social – considerati solo un mezzo per mantenere vive le relazioni.
Ancora una volta c’è del buono che non abbiamo messo abbastanza a fuoco?
È sempre una questione di allenamento dello sguardo. Inoltre non dimentichiamo che se per i ragazzi che hanno mostrato segni di sofferenza sono a disposizione molti professionisti, per tutti gli altri adolescenti è la generazione adulta in generale – genitori, professori, allenatori, educatori… – quella a cui guardano per avere un orientamento, una bussola, per essere aiutati a leggere quel che è accaduto, per essere sostenuti in questa scoperta o ri-scoperta di ciò che ha veramente valore, dell’autenticità o dell’illusorietà delle relazioni.
Cosa devono fare dunque gli adulti adesso?
Offrire spazi di ascolto e di riflessione su quel che è accaduto; offrire la possibilità di rielaborare; trasformare la riscoperta dei legami da evento inatteso dovuto ad una forzatura, una necessità a quotidianità; una quotidianità con un ritmo diverso e un sapore diverso.
Un consiglio per l’estate?
Visto che stiamo, purtroppo, ancora convivendo con la pandemia, crediamo sia opportuno sottolineare che la promozione del “bene comune” passa in primo luogo dall’interiorizzazione e dal rispetto delle regole, pur faticose che possano essere. Come abbiamo detto prima, spesso gli adolescenti non sanno come attuare i pur presenti valori e desideri di attivismo: in questa estate, ancora più che in altri momenti storici, un modo per farlo è riconoscere che ognuno di noi ha una parte da giocare, seguendo scrupolosamente le indicazioni che le Autorità ci segnaleranno. L’essere parti di una comunità inizia proprio dal condividerne valori e regole. È importante che gli adulti siano testimoni concreti e coerenti di responsabilità personale e sociale e che riconoscano che gli adolescenti non sono tutti uguali: ci sarà chi non rispetta le regole, ma molti di loro hanno sviluppato comportamenti responsabili, rispettano le regole e pensano al bene comune.