A Panama la lezione sul mondo
La storia la impari guardando negli occhi chi è accanto a te, scoprendo che le sue mani sono ruvide di fatica più delle tue, ascoltando un racconto di stanchezza e povertà che credevi fosse unicamente sui libri.
Fonte: Avvenire, Riccardo Maccioni, martedì 29 gennaio 2019
E non avresti mai pensato che un ragazzo, solo perché sta dall’altra parte del mondo, potesse già aver conosciuto il rumore acido della guerra e la paura che ti chiude lo stomaco quando senti bussare e magari è un invito ad andare via.
Per la geografia ci sono le bandiere, che diventano una coperta per il freddo, un cappuccio che ripara dal sole, a volte una sciarpetta contro il mal di gola. Una accanto all’altra, mentre un refolo di vento le fa vibrare, capisci l’arcobaleno e il bene fragile della pace, che va custodita e protetta ogni giorno, come un bravo sarto l’abito più bello.
No, la Gmg di Panama, specie per chi veniva da lontano, non è stata solo una festa ma innanzitutto una scuola, una grande, immensa classe che parla tutte le lingue del mondo, dove le materie da studiare sono i volti di altri giovani come te. Teoria e pratica insieme per imparare che nessuno basta a se stesso, che non si può fare a meno della comunità, che il contrario dell’amore non è l’odio ma l’indifferenza.
Quella, per citare le parole del Papa, «soddisfatta e anestetizzante» che «ignora e si ignora nel dolore dei suoi fratelli». Perché, anche se sembra impossibile, si può chiudere gli occhi davanti al dramma dei venezuelani, far finta di non sentire la canzone della ragazzina honduregna bullizzata, tacitare la coscienza con la bugia che chiudere i porti sia una soluzione contro il dramma delle migrazioni. Ma tu da oggi non potrai farlo più, non potrai più ignorare la realtà. Sarebbe impossibile dopo la ‘lezione’ di Panama, con la scoperta degli effetti del clima impazzito, e le paure dei ragazzi messicani per la costruzione del muro, e i racconti di povertà dei coraggiosissimi haitiani che, malgrado tutto, cantano. Tutte cose di cui già avevi sentito parlare ma che adesso, ascoltate in diretta da chi le subisce, sembrano, sono nuove.
La Gmg come scuola di verità, come invito a reagire, come palestra per far crescere e rinforzare i sogni, quelli che superano la visione ristretta della fantasia per diventare progetti di futuro. Ed è in fondo quello che il Papa e la Chiesa chiedono ai giovani: di non restare in sala d’attesa, di non cercare risposte preconfezionate ai propri dubbi, di sfuggire le lusinghe della finta gioia, di respingere l’illusione che basti una macchina nuova o un bel cellulare per sentirsi arrivati. Nel ‘piano di studi’ della Gmg infatti, un dato è certo: prima degli oggetti, per quanto ricchi e importanti, vengono gli uomini e le donne, contano le persone. A cominciare dagli ultimi, dai dimenticati, dai rifiutati. È l’eredità del Buon Samaritano, è il dovere della solidarietà legata a filo doppio al Vangelo, è la carità che riempie il cuore, di chi la pratica e di chi ne beneficia.
Il collante che tiene insieme le comunità, che trasforma in casa lo stare insieme, che crea fraternità. Senza, vivere diventa un viaggio anonimo e le nostre città un insieme di nomi e volti dai modi magari educati ma che in fondo si ignorano. Un rischio, ed è un’altra ‘materia’ studiata a Panama, che si vince con il coraggio della fiducia, …
Fonte, Avvenire, Riccardo Maccioni – CONTINUA A LEGGERE